Nel 1951 La Pira era stato invitato a svolgere la relazione conclusiva al Convegno dei giuristi cattolici sul tema  «Cristianesimo e Stato moderno».
Sollecitato dallo svolgimento dei lavori abbandonò il testo preparato e, tralasciando l’esposizione teorica, svolse una riflessione sulla sua esperienza di Sindaco. Il testo è ricavato dalla registrazione dell’intervento ed ha la tipica immediatezza degli interventi di La Pira:

(…) Una volta, quando ero più giovane e non avevo questi contatti, magari facevo delle preghiere più lunghe e più belle, più affettuose, al Signore; e anche un esame di coscienza più approfondito e più acuto, ma sempre su cose che riguardavano me, in certo modo: se avevo pregato Dio, se avevo detto qualche parola poco delicata…

(…) E la sera affiora nel mio esame di coscienza questa popolazione che aspetta di avere la casa, di avere il lavoro dal quale dipende la sua vita fisica e spirituale, o di avere la streptomicina…

(…) E ciascuno di noi, nella posizione in cui si trova, e soprattutto se appartiene alla classe dirigente (deputato, senatore, ministro), deve fare in modo, che, fallita la precedente architettura liberale dello Stato (…), fallita quella comunista, perché comprime la creatura (…), si realizzi quella architettura che fa di ogni Stato il membro della comunità degli Stati e di tutti i problemi – economici, finanziari, tecnici, artistici, eccetera – il problema di tutti gli uomini e della comunità degli uomini. 

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