Per un’Europa denuclearizzata

Cari Amici,

Questa Tavola Rotonda assume oggi, davvero, un valore ed un significato di grande rilievo: perché il contesto politico e militare del mondo così offuscato, chiede nuovamente e con urgenza la riaffermazione di certi principi che ridiano speranza e facciano avanzare nella strada del disarmo e della pace la storia del mondo. 
Questi principi sono, in sostanza, quelli stessi che hanno sempre animato i lavori ed i fini delle Tavole Rotonde precedenti, ed hanno caratterizzato i lavori delle ultime Tavole Rotonde di Mosca e Firenze. 
Il principio fondamentale è quello che afferma la natura inequivocabilmente apocalittica di una guerra nucleare: la smisurata crescita scientifica e tecnica di questi ultimi anni fa entrare nel regno del possibile la distruzione fisica del pianeta: gli scienziati più attenti e responsabili affermano che bombe atomiche lanciate da una “stazione lunare” potrebbero benissimo spezzare certi essenziali equilibri fisici sui quali si regge il pianeta e potrebbero provocarne, quasi per siluro, l’affondamento nello spazio!

Questa non è fantascienza, è -sia pure in prospettiva- la realtà del destino della terra messo definitivamente, senza esagerazione, nelle mani dell’uomo! 
Realtà del crinale apocalittico che mostra i due versanti: quello dell’edificazione per “10.000 anni” (per usare una frase di Kennedy) e quello della distruzione per sempre della terra e della storia degli uomini che la abitano. Suicidio globale (l’espressione è di Thomas Merton) o età millenaria di progresso civile: da questa alternativa non si esce! 
Se il “principio apocalittico” è vero -ed è vero!- i corollari che da esso derivano sono quelli che, appunto, proprio sulla base di tale principio hanno caratterizzato i lavori delle Tavole Rotonde di Mosca e di Firenze e cioè:

a) il principio apocalittico differenzia l’età politica presente rispetto a quella anteriore, come le scoperte copernicane e galileiane differenziano in radice la nuova età astronomica da quella precedente, tolemaica. 
In questa nuova età politica (e, perciò, militare) atomica, entrano in radicale crisi, a tutti i livelli, le tecniche “sottili” delle “scalate” delle “guerre contenute”, delle “guerre calcolate” e così via. 
Se la guerra non si può fare -la guerra per definizione- anche la teoria “delle guerre” deve essere radicalmente riveduta ed abbandonata! Si sa: la cosa è estremamente nuova e capovolgitrice: perciò ci vuole coraggio, senso storico, fiducia nell’ avvenire, fantasia creatrice, giovinezza di mente e di cuore, per decidersi a questo svecchiamento da teorie e da fatti che appesantiscono ancora la storia odierna e la civiltà del mondo! 
Ci vuole la giovinezza spirituale, storica, politica, di Giovanni XXIII nel piano religioso e di Kennedy nel piano politico! 
Fidarsi delle generazioni nuove; fidarsi del valore e della efficacia creatrice degli ideali nuovi che fermentano inevitabilmente la storia nuova del mondo!

b) La via della pace è costituita da quello che noi abbiamo chiamato, a Mosca, il “sentiero di Isaia”: cioè la via del disarmo: la via iniziata a Mosca il 5 agosto 1963 col trattato nucleare (il punto di Archimede, disse Kennedy, capace di sollevare il pianeta verso la pace definitiva!); quel cammino deve essere proseguito! Deve essere il cammino nel quale sono avviate tutte le nazioni. 
Un disarmo che si realizza in modo crescente, tanto verticalmente che orizzontalmente: tanto, cioè, in rapporto alle esplosioni ed all’esistenza medesima delle bombe atomiche, quanto in rapporto alla geografia sempre più estesa del disarmo: cioè in rapporto alla ordinata crescita, all’ordinato ampliamento delle zone denuclearizzate: “isole di pace” che diverranno gradualmente interi continenti sino ad estendersi a tutto il pianeta! Europa gradualmente denuclearizzata? Diventata, gradualmente, ordinatamente, una grande “isola di pace”? Il “continente della pace”? E’ questo un sogno, una fantasia, un’ingenuità politica? O non è, invece, all’opposto, la sola realtà valida, il destino vero, la grandezza autentica -biblica, cristiana, civile- del nostro continente? La geografia della grazia e della civiltà -la geografia delle cattedrali!- che caratterizza in modo tanto marcato lo spazio europeo (e, perciò, mediterraneo: si pensi a Gerusalemme!) non potrebbe coincidere con la geografia del disarmo e della pace? Si sa, la tesi è ardita: ma quale tesi storica non è, strutturalmente, un rischio ed una sfida? Si vis pacem para pacem!

c) Ed, infine, perché il disarmo produca la pace, bisogna -come si diceva- usare il metodo d’Isaia: convertire, cioè, in investimenti di pace gli investimenti di guerra: trasformare in aratri le bombe, in astronavi di pace i missili di guerra! Questa opera di conversione degli investimenti, di trasformazione degli strumenti di guerra in strumenti di pace deve essere l’opera comune delle due parti: i potenziali nemici devono trasformarsi in collaboratori nella impresa comune di edificazione della storia nuova e della nuova civiltà del mondo. Esplorare insieme gli spazi, il fondo dei mari, trasformare insieme in giardini i deserti, fare fiorire con opere comuni l’intero pianeta! Perché non impegnarsi insieme in questa avventura comune, edificatrice di civiltà, fonte di felicità e di pace, di progresso e di bellezza, per i popoli di tutta la terra? Utopia? Sogno? O, invece, è questa la sola via attraverso la quale si vince la guerra e si costruisce la pace? La via dell’era atomica: dell’era cioè nella quale non è possibile “la guerra” (la guerra per, definizione: quella atomica); e non hanno senso “le guerre” -le guerre controllate!- che sono residui di un’ epoca politica e militare tolemaica destinata ad un tramonto rapido ed ineluttabile!

Cari Amici, ecco i principi che la Tavola Rotonda di Belgrado -in conformità alle sue ispirazioni più essenziali e profonde- potrà provvidenzialmente riaffermare in questo momento tanto delicato e nuvoloso della storia del mondo: sono, per definizione, i principi della Tavola Rotonda: sono la sostanza del messaggio storico e politico che Giovanni XXIII, di cui ricorre domani il secondo anniversario della morte, e Kennedy hanno lasciato non invano alla storia nuova del mondo. 
Questi principi domandano proprio oggi -nel momento, cioè, in cui essi appaiono in qualche modo feriti (si pensi alla guerra di Asia ed alla situazione dell’ America Latina)- una riaffermazione piena di fede e di coraggio. 
Belgrado deve ridire oggi queste “cose di speranza” ai popoli che le aspettano. 
Firenze ha continuato la sua opera di pace anche nelle ultime settimane. L’azione svolta nel Viet Nam e per Santo Domingo, e che ora svolge per il Medio Oriente, lo documenta!

Belgrado, 2 giugno 1965

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