Una città nuova attorno alla fontana antica

I.

Quale è il significato storico – in quanto vede, interpreta e manifesta i «segni dei tempi», cioè i caratteri costitutivi della nuova epoca nella quale è entrata la storia della Chiesa e quella delle nazioni – di questa Enciclica Mater et Magistra? Bisogna, quindi, collocare questa Enciclica nel contesto totale della storia presente (contesto cosmico e contesto storico) e vedere quale funzione esplica, e, perciò, a quale finalità risponde, questo singolare documento: un documento, diciamolo subito, con cui la Chiesa Cattolica si pone, in certo senso, nel cuore della storia umana (della storia di domani oltre che di oggi) per coglierne le orientazioni essenziali e per indicare i porti vicini e lontani verso cui è avviata (interiormente mossa da forze che operano nella storia ma che hanno origini che la trascendono: virtus ex alto) la odierna, impreveduta, avventurosa navigazione storica della Chiesa e dei popoli.

 

II.

La valutazione di questo documento esige un’altra collocazione; esige cioè di essere collocato nel contesto degli atti fondamentali e degli «orientamenti» fondamentali di Giovanni XXIII: e precisamente: a) il radiomessaggio natalizio 1958, che si coordina organicamente ai radiomessaggi di Pio XII e che è il «discorso programmatico» del nuovo Pontificato (riassunto in due termini: Unitas et Pax); b) l’indizione del Concilio Ecumenico (nella Basilica di S. Paolo, nella festività della Conversione di S. Paolo, il 25 gennaio 1959: il «desiderio» di fondo del Concilio – cioè l’unità della Chiesa – traspariva in ogni parola di quell’indimenticabile annunzio); c) «l’orientazione» fondamentale, «istintiva» (nel significato soprannaturale del termine: instinctu Spiritus Sancti, direbbe S. Tommaso) del nuovo Pontefice verso la Chiesa di Oriente (quasi una vocazione specifica ed una specifica missione del nuovo Pontefice, che la Provvidenza non invano aveva già eletto delegato apostolico a Costantinopoli, a Sofia, al Cairo e quale Patriarca di Venezia: si ricordi anche la devozione ai Santi Cirillo e Metodio!); d) la fondamentale simpatia e congenialità del Pontefice verso le «aperture» davvero spettacolari – fisiche, cosmiche, economiche, sociali e politiche – della storia presente: la sua capacità «istintiva» (nel senso sopra indicato) a cogliere i momenti decisivi (le svolte essenziali) della storia della Chiesa e delle nazioni (non invano la Provvidenza lo aveva eletto Nunzio a Parigi e gli aveva dato il gusto, la sperimentazione e l’insegnamento della storia!). Pensando a Giovanni XXIII viene spontaneo alla mente il ricordo di un libretto prezioso: quell’Eglise aux tournants de l’histoire del Kurth, nel quale traspare, per ogni epoca, la giovinezza sempre nuova (contemporanea a tutte le età) della Chiesa: la quale, spezzando ad ogni età tutte le resistenze storiche che cercano di ostacolarne il cammino, avanza da 2000 anni, libera e vittoriosa (donatrice di grazia e di verità: e quindi di civiltà!), attraverso tutte le generazioni e tutti i secoli; e) infine, è da notare una interna continuità nella visione della «speranza storica» fra Pio XII e Giovanni XXIII: Pio XII, cioè il Pontefice che nel famoso discorso di S. Giuseppe 1958 (un discorso, in un certo senso «profetico», legato internamente alle speranze mariane «la Russia farà ritorno a Dio e vi sarà pace nel mondo» ed alla proclamazione del dogma dell’Assunta) affermò, con tanta decisione, la fine dell’inverno storico e l’entrata della Chiesa e del mondo in una «primavera storica» ed in una «estate storica radiosa» quale mai il genere umano ha avuto nel corso intiero della sua storia; Giovanni XXIII, cioè il Pontefice del Concilio Vaticano II: un Concilio che si definì subito – al momento del suo stesso annunzio – come un Concilio destinato a muoversi nella direzione soprannaturale e storica della unità della Chiesa: un Concilio, quindi, di eccezionale significato nella storia della Chiesa e del mondo: destinato a «maturare» nella storia degli uomini la più potente, la più viva, la più «finale» – per così dire – preghiera del Signore: quella della unità della Chiesa (Corpo mistico di Cristo), quale presupposto per la unità stessa e per la pace stessa delle nazioni: – «…affinché il mondo conosca che tu mi hai mandato» (S. Giov. XVII, 23).

La indizione di un Concilio di tali dimensioni soprannaturali e storiche è un «segno dei tempi» di immenso valore per la conoscenza e la «interpretazione» dell’epoca storica nella quale esso avviene: è un segno diciamo così «profetico»: manifesta una particolare «situazione» nella quale la Provvidenza colloca la storia della Chiesa e del mondo: situazione di pace: di pienezza dei tempi: di primavera ed estate storica (Pio XII): tale, cioè, da permettere (dopo la tremenda durezza e la severa pena dell’inverno) una primavera di grazia ed una fioritura di civiltà per la Chiesa e per i popoli. Un Concilio di queste dimensioni non può, perciò, che inserirsi in un’epoca di «radicale novità» per la storia umana: è manifestativo della singolare struttura dell’epoca storica nella quale la Provvidenza lo inserisce: esso non può – in certo senso – che essere collocato in una grande prospettiva storica di pace e di unità per la Chiesa e per le nazioni.

Quando Israele ebbe, finalmente, una lunga pace ai suoi confini, Salomone edificò il Tempio; quando Augusto mise il mondo «in tanta pace», nacque il Signore; quando Costantino fece la pace con la Chiesa, si aprì il Concilio di Nicea: ora che il mondo va (malgrado tutto) costituendosi «in unità e pace» (Pio XII: Giovanni XXIII: la profezia lontana di Isaia e di San Giovanni!) ecco all’orizzonte il segno ed il sigillo di questa unità e di questa pace: l’arcobaleno, soprannaturale e storico insieme, di questa nuova amicizia fra Dio ed i popoli: cioè il Concilio Vaticano II; Concilio della nuova epoca storica; Concilio della unità e della pace della Chiesa e, per conseguenza, anche delle nazioni di tutta la terra!  Fra certe grandi «avanzate» della Chiesa nella storia del mondo aux tournants de l’histoire! e lo stato di pace dei popoli si trova spesso nella storia una coincidenza di tempi che certamente casuale non è!

 

III.

Ma per valutare sino in fondo il significato insieme soprannaturale e storico di questo documento, bisogna procedere più oltre: bisogna gettare uno sguardo – per così dire – sul «mistero profetico» (e «sull’istinto profetico») di cui la Chiesa è strutturalmente portatrice: «mistero profetico» ed «istinto profetico» che le permettono di «intravedere» e di attraversare con vincitrice sicurezza – malgrado ogni resistenza – il corso intiero dei secoli e delle generazioni (e, quindi, l’intiero corso della storia umana: «sarò con voi ogni giorno sino alla consumazione dei secoli» S. Matteo XXVIII, 20).

Tocchiamo qui uno dei «punti» più caratteristici e costitutivi della Chiesa (quello che concerne il senso soprannaturalmente «istintivo» che essa possiede della storia del mondo e della direzione fondamentale che internamente la muove); ed anche il problema certamente più impegnativo e più drammatico del nostro tempo: – quello che concerne appunto il «senso della storia»: la storia del mondo, cioè, ha una «direzione» ed un «senso»? È inutile fare qui citazioni sull’attualità (storica e politica) di questo problema dei problemi: basti solo dire che questo tema del senso della storia (e, quindi, della «previsione della storia di domani») costituisce come l’asse attorno a cui si muove la meditazione politica e l’azione politica degli Stati che occupano lo «spazio» più vasto e più «bruciante» – in certo senso – della storia attuale del mondo. Ebbene, se la Chiesa è divina – e lo è! – essa possiede, come Cristo suo divino fondatore, il «senso della storia» ( … «spiegò loro le scritture» Luca, XXIV, 27): sa, cioè da dove viene, dove va ed – in certo senso – a che punto si trova l’avventurosa navigazione storica del mondo e di Dio stesso nel mondo: ( … «so da dove vengo e dove vado» S. Giov. VIII, 14): ha, cioè, non solo il senso della storia totale del mondo (della storia universale) ma anche quello delle epoche fondamentali che via via la strutturano nel corso dei secoli e delle generazioni.

La Chiesa, cioè, possiede «istintivamente» il senso del tempo: ha, come gli uccelli, l’istinto delle stagioni: intuisce, in virtù di una forza interiore, la genesi delle epoche nuove nel corso (organico) della storia del mondo! Kurt ha messo in tanto geniale rilievo questo «senso del tempo» che preserva la Chiesa dalla vecchiezza e la rende contemporanea a tutte le epoche! Qual è il senso del nostro tempo? Qual è la stagione storica nella quale siamo entrati? In che rapporto esso si trova con il senso totale della storia del mondo? Sono domande che tutti gli spiriti più pensosi tanto vivamente si pongono, oggi: politici, economici, etc.; tutti coloro, cioè, che hanno senso di responsabilità e che hanno il dovere preciso di dare orientamenti di vasto raggio – «di lungo termine», come si dice – alle loro azioni! E sono domande che toccano proprio la Chiesa e la sua essenziale missione di orientamento e di guida nella storia delle nazioni! Orbene: la Chiesa ha fornito in proposito (sulla interpretazione dei «segni dei tempi»: di questi nostri tempi di così eccezionale portata pei quali si può, in certo modo, malgrado tutto, parlare di «pienezza dei tempi») indicazioni precise? Indicazioni, cioè, capaci di illuminare dal di dentro la nostra epoca e capaci, perciò, di indicarne le novità radicali, le caratteristiche essenziali e gli orientamenti di fondo che la muovono in vista dei secoli più lontani e delle generazioni più lontane?

La risposta a noi non pare dubbia: si tratta soltanto di fare «attenzione» a ciò che la Chiesa ha fatto e ha detto durante il Pontificato di Pio XII e nei primi tre anni di questo Pontificato di Giovanni XXIII: avere occhi per vedere, orecchi per intendere! Che senso storico ha, infatti, l’atto fondamentale di Pio XII cioè la definizione del dogma dell’Assunta – che costituisce come l’asse attorno a cui si muove l’opera intiera di quel Pontificato? La definizione di quel dogma non è un atto isolato: ha una connessione organica con tutto il drammatico contesto della storia più recente della Chiesa e delle nazioni. È il «segno soprannaturale» di un’epoca nuova: è come l’aurora di una giornata nuova, di una stagione nuova nella storia del mondo. Noi cristiani (specialmente coloro che hanno responsabilità di «guida» nel corpo della cristianità) non abbiamo ancora fatto sufficiente «attenzione» al significato storico di questa definizione dogmatica: al contesto storico nel quale è inserita; ed a tutti gli atti di Pio XII che da questa proclamazione prendono il loro autentico senso ed il loro autentico valore: gli atti che precedono e quelli che seguono questa definizione.

Se approfondiamo questa attenzione, allora prospettive immense di speranza si aprono, malgrado tutto, sul nostro orizzonte storico: ognuno di questi atti (ad es.: consacrazione del genere umano al Cuore Immacolato di Maria; consacrazione specifica della Russia al Cuore Immacolato di Maria; introduzione della festa di Maria, Regina Mundi; introduzione della festa di San Giuseppe lavoratore; e così via) è come un raggio di speranza soprannaturale e storica che parte da un centro, da un sole (come Dante dice): Maria Assunta ( … «mulier amicta sole», come dice l’Apocalisse). In questo luminoso contesto di speranza soprannaturale e storica va visto il discorso davvero impreveduto e, in certo senso, «profetico» del 19 marzo 1958 (festa di San Giuseppe): il discorso che consegna alle generazioni nuove un messaggio preciso: – i giovani dovranno dire al mondo: 1) che l’inverno (storico) è finito (inverno terribile!); 2) che la primavera (storica) è iniziata (malgrado nubi e venti e qualche tempesta); 3) che l’estate (storica) radiosa già si profila sull’orizzonte non lontano della Chiesa e delle nazioni; sull’orizzonte, cioè, della storia totale del mondo! Discorso, questo, che colse tutti impreparati (tutti pensavano che il Papa avrebbe detto parole di dolore sulla sorte «penosa» del mondo: e invece!): discorso che può essere capito solo se visto nel contesto del Pontificato e della missione storica di «guida» di Pio XII: in organico collegamento, quindi, con la definizione dogmatica dell’Assunta: fiore di immensa speranza storica, sbocciato davvero al momento storico opportuno!

Visto così, in questo contesto mistico, religioso e storico, il Pontificato di Pio XII manifesta intieramente il suo volto, la sua specifica vocazione e la sua specifica missione nella storia (presente e futura) della Chiesa e del mondo: diventa esso stesso il «segno» più marcato, più luminoso, dei nostri tempi: come un faro che proietta luce sui secoli che verranno e sulle generazioni che verranno! E la morte stessa di Pio XII appartiene al «contesto» ed alla missione di quel Pontificato: avvenuta quando le grandi strade della Chiesa e del mondo erano già state indicate: e quando bisognava ora – per l’urgenza stessa degli eventi della storia della Chiesa e del mondo – prepararle e percorrerle arditamente aprendo ad esse tutte le porte della Chiesa e delle nazioni: porte dell’Ovest e porte dell’Est: porte del Nord e porte del Sud: come le dodici porte sempre aperte della Gerusalemme sia «messianica» che celeste.

E per l’apertura ardita di queste porte, ecco il Pontefice nuovo ed il nuovo Pontificato (con missione specifica e specifica vocazione: Giovanni XXIII: «…preparate le vie del Signore»: «…ci fu un uomo mandato da Dio il cui nome era Giovanni» come usa dire, a proposito di questo Pontefice, il Patriarca Athenagora): ed ecco i due atti che già essenzialmente lo definiscono: l’indizione del Concilio Ecumenico (il Concilio dell’unità della Chiesa e del mondo) e questa «singolare» Enciclica della età spaziale: la Mater et Magistra! La Chiesa, dunque, ha dato sì o no «indicazioni» sul più urgente dei problemi attuali del mondo, quello che concerne il senso, la direzione della storia e, in particolare, dell’epoca nuova nella quale siamo entrati? La risposta è chiara per chi presti attenzione profonda agli atti essenziali dei due pontificati (di Pio XII e di Giovanni XXIII): una attenzione del resto, che è doverosa per chi – specie i cristiani – desideri fare una analisi storica integrale (che include insieme forze naturali e forze soprannaturali).

Se Pietro è il Capo della Chiesa (e lo è!) ed è il capitano che dirige la navigazione storica della Chiesa e del mondo (e lo è!) allora è chiaro che gli atti essenziali che Egli compie e le indicazioni essenziali che Egli dà per dirigere questa navigazione sono atti ed indicazioni di decisivo valore orientativo per capire i movimenti di fondo della storia umana: sono manifestazioni di quella «presenza» che Cristo assicurò agli Apostoli prima dell’Ascensione: «…sarò con voi tutti i giorni sino alla consumazione dei secoli». Quindi: atti ed indicazioni su cui bisogna fermare lungamente ed amorevolmente l’attenzione della mente e del cuore! Levate oculos vestros et videte (Questo va detto a tutti ed in particolare modo ai politici – ed ai forgiatori della pubblica opinione – nelle cui mani si trova, in certo senso, il destino delle nazioni).

Coordinati a questi atti essenziali dei due Pontificati, vi sono poi gli atti e le indicazioni che partono dal Corpo intiero della Chiesa: dalla gerarchia come dal laicato: e qui basti ricordare qualcuno di questi atti e qualcuna di queste indicazioni che hanno collaborato direttamente o indirettamente a questa «interpretazione dei nostri tempi»: basti citare la famosa pastorale del Cardinale Suhard, Arcivescovo di Parigi: e l’azione orientatrice di tanti teologi illuminati (teologia della storia; della civiltà; della tecnica; del lavoro; mariana etc.) e di tanti laici «impegnati» (nell’azione politica come in quella economica, sociale e culturale) miranti, tutti insieme, alla definizione ed alla edificazione di un mondo nuovo avente dimensioni proporzionate all’epoca storica nuova!

Ecco dunque un punto preciso: la Chiesa – attraverso manifestazioni eccezionali e vaste della sua vita mistica (la proclamazione del dogma dell’Assunta: l’accentuata vita di orazione e di carità dei suoi figli e dei suoi organismi più «sensibili» alla vita della grazia); attraverso le «indicazioni» e gli atti più qualificati dei Suoi Pontefici e dei Suoi Vescovi; attraverso la meditazione e la elaborazione scientifica più elevata dei suoi teologi; attraverso l’azione meditata ed efficace dei suoi figli «impegnati» nella edificazione politica, sociale, culturale ed economica del mondo delle nazioni – ha preso piena coscienza del «senso della storia» e dell’epoca radicalmente nuova (e delle componenti essenziali che la rendono nuova e che la differenziano, specificandola, dalle precedenti) nella quale la storia è già entrata. Epoca di dimensioni globali: epoca nella quale – sia pure in prospettiva – appaiono sin da ora iscritte (malgrado tutto) le grandi speranze soprannaturali e storiche consegnate nelle profezie di Isaia (e dei profeti della Speranza!) e di S. Giovanni «regneranno con Cristo mille anni» Apoc. XX, 6); epoca – sia pure in prospettiva – della regalità di Cristo Risorto e di Maria Assunta sulle nazioni; epoca nella quale – sia pure in prospettiva – prende un impreveduto rilievo di profezia e di luce storica, il mistero del «ritorno d’Israele» quale S. Paolo lo vide e lo disegnò nella sua «teologia della storia futura» (plenitudo gentium, plenitudo judeorum – Rom. XI, 25-26): epoca nella quale prende un impreveduto rilievo soprannaturale e storico il mistero «totale» di Abramo (della intiera famiglia dei popoli che a Lui, come a capostipite spirituale, si richiamano).

Ebbene: l’Enciclica Mater et Magistra è appunto – nella sua tessitura essenziale – l’Enciclica di questa epoca storica nuova: ne coglie l’anima: ne coglie le prospettive più lontane e gli orientamenti di fondo; ne coglie le note essenziali: quelle, cioè, che la caratterizzano, rendendola davvero «epoca storica nuova»; epoca, cioè, specificata da «componenti» davvero nuove ed imprevedute, tali da differenziarla in radice (in certo modo) dalle epoche che l’hanno preceduta. (Pio XII: «…Fate vostra la Nostra speranza e dite a tutti che siamo in una primavera della storia: voglia Iddio che essa sia una delle più belle primavere che gli uomini abbiano mai vissuto: …una primavera che precede una delle estati più ricche e luminose») (Pio XII: «…nessuna altra epoca, fra quelle che l’umanità ha vissuto dopo la venuta di Cristo, ci appare determinante come questa vostra, o giovani, nella evoluzione umana»).

Quale è questa tessitura essenziale dell’Enciclica e quali sono le prospettive più lontane e gli orientamenti di fondo e le note e le componenti costitutive essenziali di questa epoca storica nuova nel cui cuore essa si pone per illuminarla dal di dentro e per guidarla verso i grandi porti della grazia, della verità e della civiltà cui Dio la destina? Si potrebbe rispondere dicendo che questa epoca storica nuova è dominata dalla eccezionale «fermentazione» della preghiera «finale» di Cristo: «…affinché siano una cosa sola»: epoca, cioè, dominata – sia pure in prospettiva – dalla edificazione della unità e della pace della Chiesa e delle nazioni (radiomessaggio natalizio 1958 di Giovanni XXIII): epoca cui si applicano perfettamente le parole di Pio XII: «…per la prima volta gli uomini prendono coscienza, non solo della loro crescente interdipendenza, ma anche della loro stupenda unità. Ciò significa che l’umanità diverrà sempre più pronta a sentirsi il Corpo di Cristo» (discorso S. Giuseppe 1958). Ma bisogna specificare: bisogna, cioè, indicare ad una ad una queste componenti e queste note essenziali che caratterizzano specificandola, questa epoca e le danno un volto tanto nuovo da renderla, in certo modo, «unica» nella storia del mondo! Queste note (tutte, per altro, riducibili ad una sola: unità della Chiesa e del mondo) sono sette, come le sette stelle dell’Apocalisse: esse orientano – malgrado i venti contrari – la nuova grande navigazione storica della Chiesa e delle nazioni.

 

IV.

Epoca nucleare e spaziale: ecco la prima e fondamentale componente – in certo senso (la prima stella!) – che dà assoluta novità e necessaria unità alla nostra epoca e, in certo modo, la caratterizza e la definisce «...l’iniziata conquista degli spazi interplanetari», come l’Enciclica dice. Quando la terra (come in questi giorni è avvenuto: il giorno della Trasfigurazione di Cristo, il 6 agosto) può essere «girata» comodamente in pochi minuti, una rivoluzione di incalcolabili dimensioni e di imprevedibili ripercussioni è, con ciò stesso, avvenuta nei rapporti «misurabili» degli uomini! Questi rapporti – di qualunque natura essi siano: salvi solo quelli di natura «mistica», di grazia, concernenti l’unione delle anime con Cristo e con Dio – sono, per così dire, strutturalmente toccati e trasformati: si è aperta per essi un’era di nuova «misurazione», di nuova «numerazione» e di nuova «pesatura»! Basta pensare ai rapporti politici, sociali, economici, «militari»: tutti i loro pesi e tutti i loro equilibri e tutte le loro misurazioni e strutturazioni che fin ora avevano avuto corso nel mondo sono ormai radicalmente trasformati!

E proprio ora – a partire proprio da questi giorni – acquista un significato pieno il comando di Dio: – possedete la terra (Genesi 1, 28); quando si possiedono, come ora avviene, gli spazi nei quali la terra è contenuta, si possiede davvero, e pienamente, la terra! La nuova epoca storica prende data e volto proprio dall’avvenuto possesso degli spazi – come nel passato avvenne col possesso dei mari che contengono la terra: perché a partire da questo evento e da questa data ha inizio (in certo senso) l’edificazione di una storia nuova e di una società nuova e di una civiltà nuova (che sarà tecnica e religiosa insieme). Non si sa davvero a quali analogie ricorrere per confrontare, per approssimazione, quest’epoca nuova a quelle precedenti della storia umana: pensare alla scoperta dell’America? Ma le dimensioni delle «scoperte» spaziali sono di tale grandezza (per le conseguenze che esse sono destinate ad operare nella struttura della storia e del mondo) da impedire il ricorso valido a qualsiasi confrontazione ed a qualsiasi analogia.

Pio XII (tre anni fa, nel discorso citato) l’aveva detto: «nessuna altra epoca fra quelle che l’umanità ha vissuto dopo la venuta di Cristo ci appare determinante come questa, nella evoluzione umana». Il solo confronto possibile lo forniscono le profezie «messianiche» di Isaia (II, 2), dei profeti d’Israele e di S. Giovanni: se gli uomini non rigetteranno (facendo la guerra) il dono di Dio (e allora sarebbe la strutturale rovina del mondo: si spezzerebbe la terra!), allora davvero ci abitueremo a vedere fiorire sulla terra le più ardite speranze del Cielo: Benedixisti terram tuam, Domine avertisti captivitatem Jacob (Ps. 84, 2). Come in Cielo così in terra! Non è una utopia: è una speranza storica teologicamente fondata (leggere, per tutti, l’introduzione di Padre Féret all’Apocalisse).

 

V.

Epoca di pace universale. Il possesso dello spazio – e, quindi, della terra – rende impossibile la guerra: rende ineluttabile la pace! Non c’è alternativa alla pace (se non la distruzione del mondo!): ecco la prima conseguenza provvidenziale che deriva dal possesso delle forze nucleari e degli spazi: ecco la caratteristica sociale più marcata dell’epoca spaziale: quella della pace. Pio XII, con spirito profetico, lo disse nel radiomessaggio natalizio del 1954: questa sarà l’epoca (se gli uomini non rifiuteranno il dono di Dio) nella quale si avvererà la profezia di Isaia: – ecco che io faccio volgere sopra di lei, a guisa di fiume, la pace (Isaia 66, 12). I tratti caratteristici dell’epoca «messianica» descritti da Isaia (11, 2) non sembrano ormai (per la prima volta nella storia del mondo) né illusori, né utopistici: – «…trasformeranno le loro spade in aratri e le lance in falci: non più popolo contro popolo alzerà la spada, né più si addestreranno alla guerra».

I capi di stato responsabili dei destini del mondo sono di ciò persuasi (primo messaggio di Kennedy; discorsi di Krusciov; conclusione dell’incontro del 2 agosto fra Fanfani e Krusciov etc.): Pio XII esplicitamente lo enunciò (discorso di S. Giuseppe 1958): Giovanni XXIII ha basato su questo presupposto della pace universale fra le nazioni la sua grande iniziativa del Concilio Vaticano II: l’indizione stessa di un Concilio di tale portata (per l’unità della Chiesa) è un «segno» caratteristico dell’epoca di pace nella quale Dio ha fatto entrare – malgrado tutto – la storia del mondo! Pace di Costantino, Concilio di Nicea! Ebbene, l’Enciclica Mater et Magistra è, appunto, l’enciclica dell’epoca spaziale nella quale regnerà la pace fra tutte le nazioni. La stella della pace – dopo quella dello spazio – è la seconda stella cui l’Enciclica fa tacito riferimento e che orienta – malgrado nuvole e venti – la navigazione storica dell’epoca nuova.

 

VI.

Epoca di «emergenza storica e politica» dei popoli dell’Africa, dell’Asia (e, in certo senso, dell’America Latina). Ecco la terza stella che orienta la navigazione storica nuova: ed ecco la terza «componente» dell’epoca nuova in funzione della quale si svolge, in certo modo, la tessitura fondamentale dell’Enciclica Mater et Magistra («...il tramonto dei regimi coloniali ed il conseguimento della indipendenza politica dei popoli di Asia e d’Africa...»): il nuovo mondo, la nuova epoca, è caratterizzato da questa impreveduta emergenza dei popoli nuovi e delle nuove nazioni di Africa e di Asia, diventati – in modo tanto accelerato (accelerazione storica corrispondente alla accelerazione scientifica, tecnica, nucleare e spaziale)- i soggetti più vivi, in certo senso, della storia nuova! Tutti i popoli emergono, come nell’epoca «messianica»: e portano alla storia nuova, alla società nuova, alla civiltà nuova, alla «Gerusalemme messianica» tutte le ricchezze di cui Dio li ha dotati per il bene totale del mondo! Vengono dall’Oriente e dall’Occidente, dal Nord come dal Sud, questi popoli nuovi emersi nella storia di oggi: e tutti «faticosamente» salgono verso la «città che scende dall’alto» (Apoc. XXI, 10) desiderosi – malgrado tutte le resistenze e tutte le carenze e tutti gli squilibri propri delle nazioni nuove e degli stati nuovi – di portare ad essa i doni di bellezza, di speranza, di lavoro, di pace, di cui sono ricchi: di portare ad essa la «ricchezza delle nazioni».

Questa «emergenza storica» che caratterizza l’epoca nostra ha operato – come «l’emergenza cosmica» – un mutamento strutturale, per così dire, sui rapporti dei popoli: rapporti politici, economici, sociali, etc. risultano ormai radicalmente trasformati: in poco meno di quattro o cinque anni il volto del mondo delle nazioni si è sostanzialmente mutato! Si pensi, per citare l’esempio più visibile, alla struttura dell’ONU: l’ingresso degli stati nuovi – afroasiatici – ne ha mutato davvero radicalmente il funzionamento e la fisionomia! A questo grandioso fatto della «emergenza storica» appartiene pure – è evidente – l’emergenza storica e politica di Israele e di tutti i popoli e le nazioni dell’Islam: quindi l’emergenza storica e politica, dell’intiero «sistema storico» del Mediterraneo.

Su questa emergenza che ha caratteri tanto singolari (caratteri che solo una visione teologica e soprannaturale della storia può sino in fondo chiarire) la Chiesa, lungo il Pontificato di Pio XII e attraverso delicatissimi atti di Giovanni XXIII, ha proiettato una particolare luce di grazia: una luce che, sola, riesce a dare a questa emergenza quel significato essenziale che essa possiede al cospetto di Dio e dei Suoi disegni di edificazione e di salvezza nella storia delle nazioni! Certo è questo: l’emergenza storica e politica di Israele (dopo duemila anni: dopo la immane, misteriosa, sofferenza dei campi di eliminazione) e la conseguente emergenza storica e politica dei popoli e delle nazioni dell’Islam, pone problemi storici e soprannaturali (e, perciò, teologici) di eccezionale portata: essa non può – quasi istintivamente – non richiamare la teologia paolina della storia (Romani XI): e non può non caratterizzare in modo eccezionale questa epoca nuova – avente davvero, anche per questo, caratteri «messianici» – nella quale è imprevedutamente entrata la storia della Chiesa e del mondo. E, infine, questa emergenza storica dei popoli di Africa e di Asia, per un verso, di Israele e delle nazioni dell’Islam, per l’altro verso, ha provocato un’altra singolare, più faticosa, ancora non compiuta, emergenza: quella dell’Europa (misterioso punto di «innesto storico» di tutte le nazioni). Processo faticoso di emergenza che esige, nelle nazioni cristiane di Europa, una presa di coscienza della vocazione autentica e della missione autentica (cristiana!) cui Dio le ha chiamate – malgrado le loro colpe e le loro carenze! – ed ancora le chiama per il bene totale del mondo.

Questo gigantesco processo di emergenza storica che caratterizza l’epoca nostra – in tutti i continenti, Europa compresa – la Chiesa lo ha messo in viva luce attraverso gli atti ed i discorsi di più marcato accento storico tanto di Pio XII, quanto di Giovanni XXIII: l’Enciclica Mater et Magistra ha presente questa emergenza in tutta la sua tessitura ideale, di fondo: si può quasi dire che è strutturata, in certo modo, in vista di essa! Questa emergenza è la «terza stella» che dà orientazione alla grande e tanto nuova navigazione storica dell’epoca nostra: e l’Enciclica – che si pone nel cuore di questa epoca – luminosamente la indica!

 

VII.

Epoca di «socializzazione» delle strutture economiche in vista della soluzione, a dimensioni mondiali, dei problemi essenziali dell’uomo: – il lavoro, la casa, la scuola, l’assistenza; in vista, cioè, dello sradicamento della miseria, della fame, della disoccupazione, della ignoranza, della malattia, presso tutti i popoli della terra! L’Enciclica è dominata – in questo punto fondamentale del suo tessuto ideale – dalla grande scena del giudizio finale (al cospetto di tutte le nazioni: S. Matteo XXV, 32): – ebbi fame e mi deste da mangiare!

Che fare per risolvere questi problemi, diventati ormai improrogabili, della intiera famiglia delle nazioni (due terzi della popolazione mondiale è ancora incapace di sfamarsi!)? L’economia deve essere finalizzata: bisogna usare la tecnica più aggiornata ed adeguata per questa finalizzazione: si impone la «socializzazione»: cioè la elaborazione di grandi piani economici atti a risolvere questi essenziali problemi degli uomini! La socializzazione non significa peraltro, necessariamente, sradicamento della proprietà privata o eliminazione – come fattore originale creativo – della «iniziativa» economica della persona umana: significa solo questo: – che il sistema economico non è più lasciato a se stesso, al giuoco incontrollato del «laissez faire»: al «mercato»: significa, invece, che esso è anzitutto destinato a proporsi il fine autentico di ogni economia umana: dare lavoro ad ogni uomo, casa ad ogni uomo, scuola ad ogni uomo, assistenza ad ogni uomo: cioè, tradurre in termini di tecnica economica, la grande scena del Vangelo: – mi desti da mangiare, da lavorare, da abitare, e così via! Da qui le strutture socializzate: cioè i piani – piccoli e grandi; comunali, regionali, nazionali, internazionali – elaborati dagli organismi pubblici (il comune, la regione, lo stato, gli stati) e destinati, appunto, alla soluzione di questi fondamentali problemi dei popoli! Qualcuno ha detto: – economia postkeinesiana? Le etichette non contano: contano i fatti, gli obbiettivi, le strutture: e su ciò l’Enciclica ha espressioni di grande chiarezza: perviene al cuore delle più ardite e moderne concezioni economiche: apre la mente e il cuore dei «minori» alle attese più ardite e più generose! Inutile aggiungere che questo processo di «socializzazione» investe l’economia di tutti i popoli: di quelli economicamente «sottosviluppati» e di quelli economicamente «soprasviluppati»: è un processo cioè a dimensione mondiale!

Il «valore della persona umana» cessa di essere solo un principio per diventare un fine ed un metodo dell’economia: questo valore esige una strumentazione adeguata dei sistemi economici: tale, cioè, che assicuri alla persona – ad ogni uomo, cioè – le radici stesse della sua esistenza: il lavoro, la casa, la scuola e così via! L’Enciclica lo dice esplicitamente: «È chiaro che la socializzazione così intesa apporta molti vantaggi. Rende infatti attuabile la soddisfazione di molteplici diritti della persona, specialmente quelli detti economico-sociali, quali sono, ad esempio, il diritto ai mezzi indispensabili per un sostentamento umano, alle cure sanitarie, a una istruzione di base più elevata, ad una formazione professionale più adeguata, all’abitazione, al lavoro, a un riposo conveniente, alla ricreazione. Inoltre, attraverso la sempre più perfetta organizzazione dei mezzi moderni della diffusione del pensiero – stampa, cinema, radio, televisione – si permette alle singole persone di prendere parte alle vicende umane su raggio mondiale».

Siamo – ripeto – nel cuore dell’epoca nuova: sono qui disegnate le ardite strutture economiche e sociali della società di domani e della civiltà di domani: strutture economiche e sociali che non prescindono ma anzi si lasciano finalizzare dai supremi valori contemplativi – l’adorazione di Dio! – cui l’uomo è destinato: che si collocano, cioè, in quella scala integrale di valori (gerarchia di valori) che dà loro una collocazione adeguata ed una basilare saldezza. Una società ed una civiltà che non sono passate invano attraverso la grande emergenza politica delle masse popolari in questi ultimi decenni ed attraverso esperienze economiche e politiche tanto drammatiche ed «eccessive» di dimensioni davvero continentali (è necessario ricordare la Russia e la Cina?). Anche qui non si può non dire: i caratteri «messianici» dell’epoca nuova sono davvero marcati ed impressionanti: perché la terra è destinata davvero a fiorire – la primavera storica e l’estate storica di Pio XII! quando (e non sarà lontano questo tempo) tutte le energie umane e le tecniche umane (nucleari e spaziali) saranno poste a servizio della pace e del progresso del mondo! Fioriranno davvero – per tutti i popoli e con tanta abbondanza! – il frumento, la vite e l’ulivo!

 

VIII.

Epoca di «unificazione» dei popoli e delle nazioni. È evidente: se siamo entrati nell’epoca nucleare e spaziale; se la pace è ineluttabile; se i popoli (e le masse) emergono; se le strutture economiche si socializzano (e a dimensioni mondiali), la conseguenza, allora, è ovvia: il mondo (i popoli, cioè, e le nazioni), diventato così piccolo, ineluttabilmente si unifica: si unifica economicamente, si unifica socialmente e si unifica anche, in certo modo, politicamente. Si sa: si tratta di unificazione organica: quindi «plurima»: di «multitudo ordinata» come S. Tommaso direbbe. Totus mundus est quasi una res publica (il mondo intiero è quasi uno solo), aveva già detto De Victoria dopo la scoperta dell’America.

L’Enciclica tanto decisamente lo dice: «i progressi delle scienze e delle tecniche in tutti i settori della convivenza moltiplicano e infittiscono i rapporti fra le comunità politiche e rendono, perciò, la loro interdipendenza sempre più profonda e vitale. Di conseguenza può dirsi che ogni problema umano di qualche rilievo, qualunque ne sia il contenuto, scientifico, tecnico, economico, sociale, politico, culturale, presenta oggi dimensioni soprannazionali e spesso mondiali». E continua: «Pertanto le singole comunità politiche non sono più in grado di risolvere adeguatamente i loro maggiori problemi nell’ambito di se stesse con le sole loro forze: anche se sono comunità che emergono per l’elevato grado e la diffusione della loro cultura, per il numero ed operosità di cittadini, per l’efficienza dei loro sistemi economici, per la vastità e la ricchezza dei loro territori. Le comunità politiche si condizionano a vicenda, e si può asserire che ognuna riesce a sviluppare se stessa contribuendo allo sviluppo delle altre. Per cui tra esse si impone l’intesa e la collaborazione».

Questo ordinato processo di unificazione del mondo – a tutti i livelli: da quello scientifico e tecnico a quello economico, sociale, culturale ed anche politico – è il fatto ineluttabile (come la pace: come l’emergenza dei popoli: come la socializzazione) di questa nuova epoca: e, del resto, come non potrebbe essere uno, un mondo diventato tanto «piccino» da potere essere «circumnavigato» in pochi minuti mediante i voli spaziali? Ecco anche qui una nota tanto marcata dell’epoca «messianica» nella quale siamo entrati: epoca nella quale tutti i popoli formano una sola solidale famiglia ed alla quale si applica il motto di S. Paolo: multi unum corpus sumus: l’unità del mondo, riflesso civile dell’unità mistica del Corpo di Cristo. Pio XII lo disse (nel discorso citato) con tanta decisione: – «Per la prima volta gli uomini prendono coscienza non solo della loro crescente interdipendenza, ma anche della loro stupenda unità. Ciò significa che l’umanità diverrà sempre più pronta a sentirsi il Corpo di Cristo». Si può davvero dire: Jerusalem quae aedificatur ut civitas cuius partecipatio in idipsum (Ps. CXXII, 3. Gerusalemme città in cui regna la solidale unità di tutti i suoi figli!). Ma proprio a questo punto, in rapporto a questa «quinta stella» che orienta la navigazione della nuova epoca storica, ecco sorgere la sesta stella orientatrice di questa navigazione: – l’unità della Chiesa.

 

IX.

Epoca della unità della Chiesa. Bisogna subito dirlo: – chi, prima del 25 gennaio 1959 (festa di S. Paolo), avrebbe mai potuto pensare ad un processo accelerato di questa unità della famiglia cristiana? Sembravano muri non superabili quelli che dividevano la casa della cristianità: ed ecco, di un tratto, questi muri diventano fragili e cominciano a screpolarsi: ed ecco apparire sull’orizzonte della nuova epoca storica – della Chiesa e del mondo – il fatto impreveduto: quello dell’unità della Chiesa! L’organo di questa unificazione eccolo già creato (a parte i risultati immediati): il Concilio Vaticano II! Quando Giovanni XXIII lo annunciò (instinctu Spiritus Sancti, come Egli disse), una nuova forza creatrice e finalizzatrice immensa fu inserita nel cuore stesso della storia umana: fu aperta davvero un’epoca nuova, l’epoca «messianica», dei «mille anni», nella storia della Chiesa e del mondo. Forza irresistibile, vincitrice: la forza stessa dell’orazione «finale» di Cristo: – «Padre fa’ che siano una cosa sola come noi lo siamo» (S. Giovanni XVIII, 11).

Non bisogna mai dimenticare, infatti, che unità della Chiesa e unità del mondo – nel pensiero del Signore e della Chiesa – si condizionano: la prima è premessa della seconda: «…affinché il mondo conosca che tu mi hai mandato». Il rapporto fra Cristo ed il mondo (inteso come la famiglia dei popoli e delle nazioni) e, perciò fra la Chiesa ed il mondo, è organico, il Signore lo ha detto:

– Io sono l’unità del mondo.

– Io sono la pace del mondo.

– Io sono la luce del mondo (S. Giov. VIII, 12).

– Io sono l’asse e l’attrazione del mondo.

– Io sono il Pastore del mondo.

San Paolo ha imperniato su questa instauratio magna in Cristo tutte le sue visioni cristologiche del cosmo e della storia! Eccoci, dunque, alla forza fondamentale che muove e finalizza e caratterizza in modo essenziale l’epoca nuova – «messianica» «dei mille anni» – del mondo: la forza soprannaturale che orienta irresistibilmente (in certo senso) la storia presente: che unifica la Chiesa e le nazioni: che è la causa prima – in certo senso, provvidenziale – della emergenza delle nazioni e della pace ineluttabile fra di esse: che provvidenzialmente prepara al mondo così unificato gli spazi smisurati del cosmo! Certo è questo: – l’unità della Chiesa (come quella del mondo) è già «in movimento»: c’è già una evidente gravitazione unitiva da parte di tutte le Chiese (di Oriente come di Occidente) verso la Chiesa che tutte maternamente le unifica: «Tu sei Pietro!». Il programma di Giovanni XXIII – unitas et pax, come Egli disse nel radiomessaggio natalizio 1958 – eccolo in pieno svolgimento: unità e pace della Chiesa e del mondo.

L’Enciclica Mater et Magistra non si sofferma su questo moto unitivo della Chiesa: ma essa lo presuppone come premessa essenziale da cui pende il movimento intiero della storia presente della Chiesa e dei popoli. Lo abbiamo detto all’inizio: questa Enciclica va vista nel duplice contesto sia della storia che degli atti e degli orientamenti fondamentali di Pio XII e di Giovanni XXIII: ora fra gli atti e gli orientamenti fondamentali di Giovanni XXIII, vanno appunto collocati gli atti ed i fatti relativi all’unità della Chiesa e la indizione del Concilio Vaticano II costituisce la manifestazione più marcata di questi orientamenti fondamentali di Giovanni XXIII e, perciò, della Chiesa intiera. Si può dire (come dicemmo all’inizio) che in questa «azione» per l’unità della Chiesa sta la vocazione e la missione specifica di questo Pontificato: un Pontificato rivolto con tanto «amore attrattivo» verso le grandi Chiese di Oriente: rivolto con tanto «amore attrattivo», «unitivo» – senza per questo escludere l’Occidente: anzi! – verso tutte le vetuste e preziose sedi Patriarcali di Oriente, da Gerusalemme a Costantinopoli, da Alessandria a Mosca: non per nulla la Provvidenza aveva a ciò preparato l’antico Delegato Apostolico di Sofia, di Costantinopoli, del Cairo; l’antico Patriarca di Venezia!

Non per nulla questo Pontificato mostra riferimenti così vivi verso quel mondo slavo che ha nei Santi Cirillo e Metodio la sua più salda radice di grazia, e di santità e di speranza! Mettendo in moto l’unità della Chiesa questo Pontificato ha messo in moto l’unità totale del mondo: l’unità dei popoli e delle nazioni. Esso ha imprevedutamente ed arditamente spezzato il muro di divisione che separava l’Oriente dall’Occidente: ed ha aperto davvero alla storia della Chiesa e dei popoli l’epoca nuova, «messianica», nella quale «per mille anni» regneranno la pace e l’unità, la prosperità ed il progresso, la grazia e la bellezza delle nazioni: «…e regneranno con Cristo mille anni» (Apoc. XX, 6). Non bisogna, infatti, dimenticare una cosa che è essenziale per intendere sino in fondo il mistero di questo processo unitivo della Chiesa: questa: – che l’unità della Chiesa investe, nel suo fondo, il «mistero totale della famiglia di Abramo»: investe direttamente (come è stato felicemente detto) il mistero di Israele ed il mistero di Ismaele: investe, cioè, il mistero di Cristo in tutta la sua ampiezza soprannaturale e storica «…e si farà un solo ovile»: una ampiezza che abbraccia, appunto, ordinatamente, l’intiera cristianità, Israele, Ismaele e la famiglia tutta delle genti: «…ut unum sint». Il fatto politico in certo modo più caratteristico della epoca nostra cioè il ritorno dopo 2000 anni di Israele in Palestina e il correlativo risorgimento dei popoli e delle nazioni dell’Islam – e, quindi, la singolare «riemergenza storica» di tutti i popoli del bacino mediterraneo – non può essere compreso, nel suo valore di fondo, se non lo si mette in questa prospettiva del «moto unitivo» della Chiesa. Nella prospettiva, cioè, dell’unico mistero di Cristo che tocca le radici stesse della intiera famiglia dei popoli di Abramo e li sospinge dall’interno – con una azione convergente di grazia e di speranza – gli uni verso gli altri per una comprensione fraterna ed una consapevolezza profonda dell’unico mistero di destino e di grazia che internamente li anima e li accomuna!

Questo universale ed efficace moto unitivo della Chiesa – caratteristica tanto marcata dell’epoca storica nuova – non è senza un rapporto provvidenziale interno con la situazione di pace nel mondo: non bisogna dimenticare (lo abbiamo notato sopra) certe analogie storiche tanto significative: – pace di Salomone, edificazione del Tempio; pace di Augusto, nascita di Cristo; pace di Costantino, Concilio di Nicea; pace dell’epoca spaziale, Concilio Vaticano II e, quindi, processo unitivo della Chiesa.

 

X.

Epoca di inserzione della Chiesa – come anima e come lume soprannaturale – nel corpo totale dei popoli e delle nazioni. Ecco la «settima stella» – la «stella polare»! – che orienta l’intiera navigazione storica dell’epoca nuova! Tutte le altre vi si coordinano: la preannunciano, la preparano (per così dire): lo scopo finale che muove dall’interno la navigazione storica della nuova epoca, eccola qui: perché nel corpo unificato dei popoli e delle nazioni splenda – illuminandolo tutto dal di dentro – la luce di Cristo e della Chiesa di Cristo: – «io sono la luce del mondo»; «voi siete la luce del mondo». Vengono alla mente le parole profetiche di Simeone (S. Luca 2, 32: – «…lume per illuminare le nazioni e gloria del popolo d’Israele»; e viene pure alla mente la visione giovannea della città celeste dove non c’è sole, perché il sole che dal di dentro la illumina è Cristo Risorto medesimo: …et lucerna ejus est Agnus (Apoc. XXI, 23); e, come Cristo Risorto, Maria Assunta ...mulier amicta sole et lunam sub pedibus eius et in capite eius coronam stellarum duodecim (Apoc. XII, 1); il cosmo intiero rinnovato e l’intiera città celeste sono pure illuminati da Maria!. Lo abbiamo detto innanzi: c’è un rapporto organico fra Cristo ed il mondo (cioè fra Cristo ed i popoli e le nazioni e la loro storia totale: Cristo – e, quindi, la Chiesa – ne è «strutturalmente», in certo senso, l’anima e la luce: la strutturazione del corpo delle nazioni altro fine ultimo non ha: lasciarsi penetrare da quest’anima, lasciarsi penetrare da questa luce! Pio XII, a proposito del processo unitivo della nostra epoca, lo disse esplicitamente: «…Ciò significa che l’umanità diverrà sempre più pronta a sentirsi il Corpo di Cristo».

L’Enciclica Mater et Magistra «vede» questa stella polare e la indica: «La Chiesa … è universale per diritto divino e lo è pure storicamente per il fatto che è presente, o tende ad esserlo, presso tutti i popoli». «La Chiesa oggi si trova di fronte al compito immane di portare un accento umano e cristiano alla civiltà moderna: accento che la stessa civiltà domanda e quasi invoca per i suoi sviluppi positivi e per la sua stessa esistenza». «...la Chiesa Cattolica e Apostolica, Madre e Maestra di tutte le genti, la cui luce illumina, accende, infiamma, la cui voce ammonitrice piena di celeste sapienza, appartiene a tutti i tempi». A questo punto – in vista proprio di questa «settima stella», di questa stella polare – nasce spontanea la domanda: – ma come: l’epoca nostra, questa nostra nuova epoca, non mostra proprio il fatto contrario: e cioè il tentativo gigantesco – a dimensioni mondiali – di escludere la Chiesa dal corpo totale dei popoli e delle nazioni? Non vi è contraddizione storica, visibile, a tutti palese, fra questa «indicazione» di immensa speranza – soprannaturale e storica – e la realtà storica odierna?

Certo, a vedere le cose con occhio superficiale non si può non rispondere che tale contraddizione, di fatto, esiste: basti pensare allo «spazio» coperto dal «materialismo ateo» ed agli Stati che lo assumono come principio formale e, perciò, come principio finalizzatore della loro opera: principio che dovrebbe dare struttura e volto alla edificazione della società nuova e della nuova «civiltà» umana. Ma non ci si può fermare alla superficie se si vuole scoprire il fondo misterioso, vitale e, malgrado tutto, finalizzatore della nostra epoca: appena si «screpola» la superficie della storia presente del mondo, ecco apparire una realtà profondamente diversa da quella che ancora si mostra all’occhio dei superficiali e dei disattenti (sotto il suolo di Roma persecutrice, c’è la Chiesa vivente e vincitrice delle Catacombe). Non dobbiamo, intanto, dimenticare una cosa: noi stiamo cercando di interpretare – cogliendoli nell’Enciclica Mater et Magistra e nel contesto degli atti di Pio XII e di Giovanni XXIII – i segni rivelatori di queste tendenze più profonde della nuova epoca storica: stiamo cercando di intravedere le linee architettoniche essenziali della storia di domani, quali la Chiesa cerca di mostrarli attraverso gli atti e gli orientamenti fondamentali dei Suoi ultimi Pontefici: trasparenze, per così dire, del disegno di Dio sulla storia presente e futura dei popoli!

Ebbene, vi può essere dubbio sulla visione d’immensa speranza, soprannaturale e storica, che animò specialmente l’ultimo anno del Pontificato di Pio XII (…primavera storica, estate radiosa!)? Vi può esser dubbio sulla visione di immensa speranza soprannaturale e storica (malgrado tutto) che anima il Pontificato di Giovanni XXIII (indizione del Concilio Vaticano II; questa Enciclica)? E – passando alla realtà «fisica e sociale» del tempo nostro – vi può essere dubbio sulla radicale novità che le scoperte nucleari e le conquiste spaziali hanno introdotto nella storia presente e futura del mondo? Sulla impossibilità della guerra e sulla ineluttabilità della pace? Sulla emergenza storica dei popoli nuovi e sulla struttura «socializzata» dei nuovi sistemi economici? Sulla formazione, quindi, di un nuovo – unico, solidale – corpo delle nazioni? Ed eccoci allora al problema: chi darà l’anima a questo corpo? Quale luce spirituale e soprannaturale lo illuminerà dall’interno? La risposta non appare più dubbia, in certo senso: è quella che Gesù stesso ha dato e che la Chiesa, perciò, ripete: «Io sono la luce del mondo» (Giov. VIII, 12).

Malgrado ogni apparenza contraria, una cosa è, ormai, in certo modo, sicura: si è determinato nel mondo un «vuoto ideologico»: tutte le «ideologie» che lo avevano sino ad ora riempito sono ormai cadute, per vecchiezza: nessuno osa più (se ha serietà di riflessione) parlare di validità effettiva, di radice, delle ideologie che fino ad ieri avevano, in qualche modo, occupato l’orizzonte della storia. Illuminismo, marxismo, ecc.: tutto è finito, in certo senso; tutto è definitivamente sorpassato ed invecchiato; tutti gli «schemi ed i modelli mentali» e tutti i «dogmi» ideologici sono stati frantumati dall’impreveduto acceleramento – così grande! – della storia economica, sociale, politica, culturale del mondo! Ciò è vero per tutti gli «spazi» politici e culturali del mondo: pei popoli nuovi, come per i popoli non nuovi; per lo «spazio capitalista» come per lo «spazio comunista»: ovunque si è operato (o è in via di operarsi) questa frantumazione di tutti gli idoli e di tutti gli schemi: la realtà umana tutta quanta torna, per così dire, a risolversi nei suoi termini più elementari e più semplici: l’uomo, la famiglia, la casa, la Chiesa, l’officina, il campo, l’ospedale, la scuola, la città, la nazione, la civiltà, la bellezza, l’arte e così via. Dio torna ad essere, ovunque, – malgrado tutto e quasi ineluttabilmente – il centro di gravitazione così della persona come della famiglia, della città, delle nazioni, della civiltà, del cosmo; del mondo intiero!

La straordinaria epoca storica nuova, nella quale siamo entrati, ha «scosso» tutti i rapporti e rimesso in discussione tutti i valori: ha distrutto (o è in via di distruggere) quelli falsi ed ha fatto riemergere (o è in via di far riemergere) quelli veri! Le generazioni nuove non sono disposte ad assumere per reali e veri i valori che tali non sono. Si può ripetere per esse: haec est generatio quaerentium eum, quaerentium faciem Dei Jacob (Ps. 84). E l’immensa avventura storica della tecnica e della economia, che sembrava destinata ad approdare in una città nuova senza Dio, approda in una città nuova edificata attorno a Dio: in un villaggio nuovo edificato attorno all’antica fontana della grazia e della verità (come ha detto Giovanni XXIII). Il nuovo corpo delle nazioni si va edificando in tutti i continenti, uno, solidale, articolato, compatto? Sì: è l’edificazione grandiosa dell’epoca storica nuova, spaziale, unitaria. Ebbene: questo corpo delle nazioni – la strutturazione del quale ricorda con tanta precisione quella descritta da San Paolo, a proposito del Corpo mistico di Cristo! – avrà dunque una luce che lo illuminerà tutto, dall’interno: che ne purificherà ed eleverà tutti i valori: che sarà il lievito sacro destinato a fermentare tutta la massa ed a far fiorire una civiltà nuova d’immenso valore e di infinita bellezza: una civiltà conforme alle dimensioni autentiche, infinite, dell’uomo (che sono, in certo modo, per così dire, le «dimensioni di Dio»).

Questa luce destinata ad illuminare tutte le nazioni e ad elevarle tutte – in certo senso – al livello di Dio (…«come in Cielo, così in terra») è Cristo e la Chiesa di Cristo «Io sono la luce del mondo»: «luce per illuminare tutte le genti e gloria del popolo di Israele», come Simeone intuì e disse (S. Luca II, 30). Epoca, quindi, di inserzione della Chiesa nel nuovo corpo delle nazioni: ecco la settima nota costitutiva di questa epoca: ecco la settima stella, la stella polare che a sé coordina tutte le altre: ecco l’orientamento di fondo, finalizzatore, della nuova grandiosa navigazione nella quale è avventurata questa epoca senza uguali della storia del mondo (Pio XII lo disse: «nessuna altra epoca, fra quelle che l’umanità ha vissuto dopo la venuta di Cristo, ci appare determinante come questa nella evoluzione umana»). Epoca che si trova nel grande tracciato storico della teologia paolina e giovannea: epoca cioè, in cui prende un movimento accelerato la realizzazione di quella «pienezza delle nazioni» e di quella «pienezza degli ebrei» e di quella fase storica «dei mille anni» che San Paolo e San Giovanni videro delinearsi nel corso della storia cristiana che è, tutta quanta, «storia degli ultimi tempi» e che avevano, in certo modo, già intravista i profeti più grandi di Israele: i profeti della speranza: specie Isaia!

Queste «intuizioni storiche» che potevano sembrare fino ad ieri illusioni ed utopie, eccole ora davanti a noi come realtà grandiose ed imprevedute in via di attuarsi. I più attenti teologi della storia hanno messo l’accento – in questi ultimi anni – su queste prospettive «messianiche» (in senso estensivo) della nuova epoca storica del mondo: basti per tutti citare l’introduzione suggestiva del Padre Feret all’Apocalisse. E gli eventi storici tanto singolari ed impreveduti degli anni a noi più vicini – e di questi ultimi mesi – hanno confermato la validità di queste prospettive storiche future tanto cariche di mistero, di speranza e di grandezza! Il «ritorno» d’Israele; il «risveglio» di Ismaele; l’emergenza dei popoli di tutti i continenti; la riemergenza dell’Europa (quella vera) lo sradicamento della miseria; l’unificazione economica e politica del mondo; l’unificazione della Chiesa! Si vogliono testimonianze più marcate? Se gli uomini non spezzeranno il mondo con le loro mani, si può ben dire sin da ora, guardando il futuro: ecco la pace di Cristo, nel regno di Cristo (…«venga il tuo regno»). «Estate storica radiosa», come Pio XII disse. «La nostra epoca è percorsa e penetrata da errori radicali, è straziata e sconvolta da disordini profondi: però è pure un’epoca nella quale si aprono allo slancio della Chiesa possibilità immense di bene», dice l’Enciclica Mater et Magistra: la quale finisce citando il Salmo 84, cioè il Salmo messianico della speranza! «Ascolterò ciò che dice in me il Signore Iddio: perché parla di pace al suo popolo ed ai suoi santi, ed a coloro che rientrano in se stessi. Per certo è vicino a quei che lo temono la sua salvezza, sicché abiti di nuovo la gloria di Dio sulla nostra terra. La verità e la bontà si sono incontrate: giustizia e pace si sono baciate. La verità germoglia dalla terra: la giustizia guarda dai Cieli. Il Signore darà ogni bene e la terra apporterà il suo frutto. La giustizia sempre innanzi a segnare di luce il buon cammino».

 

XI.

Il «senso storico» di questa Enciclica? Ecco la domanda che ci siamo posti ed alla quale abbiamo cercato di rispondere meditando sulla nostra epoca e sugli atti e gli orientamenti fondamentali della Chiesa – dei due ultimi Pontefici – in rapporto ad essa (argomentando specialmente dal grande fatto storico della indizione del Concilio Vaticano II, il Concilio – in qualche modo – dell’unità della Chiesa. La nostra risposta può essere ora così riassunta: questa Enciclica, vista nel contesto storico presente ed in quello degli atti ed orientamenti fondamentali dei due ultimi Pontefici, costituisce un documento storico di eccezionale portata (come eccezionale è l’epoca storica nuova cui essa si riferisce. Con esso la Chiesa si pone nel cuore stesso e come nel centro della nuova epoca e ne indica le sette note costitutive e i sette orientamenti fondamentali – (quasi sette stelle orientatici) – della grande navigazione nella quale va «avventurandosi» – se sarà fedele alla missione che Dio le confida questa epoca tanto nuova nella storia della Chiesa e delle nazioni.

Queste note sono:

1 La conquista nucleare e spaziale, che apre al genere umano gli spazi interplanetari e lo eleva a livelli tecnici di imprevedute dimensioni!

2 La ineluttabilità della pace fra tutte le nazioni della terra (conseguenza a cui non si sfugge – pena la distruzione del mondo! – del possesso del nucleo e dello spazio: cioè dell’infinitesimamente piccolo e dell’infinitesimamente grande).

3 L’emergenza dei popoli nuovi di Asia e di Africa; e, quindi, l’introduzione impreveduta di nuovi soggetti destinati ad incidere profondamente nella storia presente e futura delle nazioni. In questo processo di emergenza storica, caratteristico dell’epoca nostra, un posto a parte spetta alla misteriosa riemergenza d’Israele ed alla (misteriosa essa pure) riemergenza dei popoli e delle nazioni dell’Islam. All’una e all’altra – ed a tutto il processo di emergenza storica – è pure legata la faticosa (ma tanto essenziale e determinante) riemergenza storica dell’Europa (debitamente purificata dalle sue impurità coloniali e dalle sue impurità sociali e culturali: un’Europa che abbia riguadagnato, cioè, la sua anima e la sua vocazione: l’anima cristiana e la vocazione cristiana).

4 La strutturazione «socializzata» di un sistema economico mondiale tale da permettere – senza violare l’originale libertà dell’uomo – lo sradicamento, nel mondo intiero, della fame, della miseria, della disoccupazione, della ignoranza, della malattia: tale, perciò, da permettere la elevazione materiale, culturale e spirituale della persona umana – presso tutti i popoli – sino ai livelli più alti cui Dio la destina (gerarchia dei valori).

5 L’unificazione, in certo senso ineluttabile, economica, sociale ed anche politica del mondo: totus mundus est quasi una res publica. L’«unificazione» della Chiesa: cioè questo processo tanto caratteristico, impreveduto ed accelerato di convergenza di tutta la cristianità verso il suo centro – divino e storico insieme – di unità e di propulsione. Processo di convergenza che va – in certo senso – oltre i confini della cristianità: che investe lo spazio totale del «mistero di Abramo» e della famiglia di Abramo: che investe, cioè, anche la famiglia d’Israele e la famiglia di Ismaele: «Abramo vide i miei giorni ed esultò» (S. Giov. VIII, 56).

6 Questo processo di «unificazione» della Chiesa (nel senso che ad esso abbiamo dato) mette in opera, per così dire, la divina forza creatrice della preghiera «finale» del Signore: …«che siano una cosa sola» e quell’altra, che vi si collega: «…e si farà un solo ovile sotto un solo pastore»: una forza che domina l’intiero movimento storico e misteriosamente, ma effettivamente ed efficacemente, lo finalizza.

7 Infine, l’inserzione della Chiesa nel nuovo unico corpo delle nazioni: per illuminarlo dal di dentro e per elevarlo all’ordine soprannaturale (il Corpo mistico di Cristo) cui esso è intrinsecamente (in qualche modo) destinato. Per essere la luce di tutte le nazioni e per essere la gloria del popolo di Israele, come disse, profeticamente, il vecchio Simeone. Perché questa grande e tanto nuova epoca storica avente caratteri davvero, in certo senso, «messianici» (nel senso che a questo termine attribuisce la teologia) è già testimone di un singolare fenomeno: vanno via via spegnendosi, presso tutti i popoli le ideologie che avevano tentato in Europa e nel mondo di sostituirsi alla luce ed all’amore del Dio vivente – Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe – e viene gradatamente riemergendo, presso tutti i popoli, la lanterna che Dio ha posto sul candelabro per fare luce a tutta la casa e la città che Dio ha posto sul monte per fare luce a tutte le nazioni: la Chiesa!

Ecco le sette note costitutive ed i sette orientamenti fondamentali dell’epoca tanto nuova nella quale è già entrata la storia della Chiesa e del mondo: come sette stelle – l’una all’altra organicamente collegata – destinate ad orientare la navigazione storica e l’avventura storica della nuova epoca ed a fare avvicinare verso i lidi della città eterna – della celeste Gerusalemme! – la città temporale degli uomini. I lidi che San Giovanni contemplava estasiato e in vista dei quali con tanto amore diceva: Veni Domine Jesu et noli tardare!

 

XII.

Ebbene, il Sindaco di Firenze – rapportando la sua città a quest’epoca ed alle caratteristiche essenziali di quest’epoca, quali risultano da questa Enciclica – ha qualcosa di specifico da dire? Sì: perché Firenze in questi ultimi dieci anni, – in conformità al suo «genio» singolare ed alla sua singolare vocazione e missione storica (essere una «città alta», visibile da tutti i popoli della terra) – si è messa, per così dire, in sintonia con la storia nuova, con l’epoca nuova, ed ha operato secondo gli orientamenti fondamentali di essa: ha operato nella prospettiva della storia di domani e della società e della civiltà di domani! Firenze ha cercato in questi dieci anni di assumere – pel bene del mondo intiero – l’età dell’epoca.

1 Età spaziale: tutti ricordano l’eccezionale simposio spaziale svoltosi a Firenze – la patria di Leonardo e di Galileo – nello scorso aprile: proprio in quei giorni veniva compiuto il primo «viaggio spaziale» attorno alla terra!

2 Età della pace: dal 1952 Firenze ha elevato su tutti i popoli – coi Convegni per la pace e la civiltà cristiana – il vessillo della pace avente per motto, il motto paolino: spes contra spem! Nessuno dimenticherà mai inoltre quel Convegno dei Sindaci delle Capitali di tutto il mondo, che vide riuniti in Santa Croce (nella festa di San Francesco 4 ottobre 1955) ed in Palazzo Vecchio – per la prima volta – i Sindaci di quasi tutte le città capitali del mondo (dell’Est e dell’Ovest). Alla pace sono stati destinati, in rapporto al Mediterraneo, i Colloqui Mediterranei. A Firenze si è sempre detto (e quando ciò sembrava un’ingenuità!) la guerra è impossibile; la pace è ineluttabile; bisogna perciò mutare nella nuova strategia di pace la antica strategia di guerra.

3 Età di emergenza storica dei popoli nuovi di Asia e di Africa: di riemergenza di Israele e dei popoli e delle nazioni dell’Islam; di riemergenza dell’Europa. Firenze ha avvertito subito questi grandi e misteriosi (in certo senso) fatti della storia presente: ed ha «convocato» entro le sue mura, aprendo fraternamente le sue porte, “i paesi di Bandung”, le nazioni arabe, Israele, e l’autentica Europa (quella decolonizzata e purificata e rifatta capace della sua vocazione e missione cristiana!). A tutto ciò hanno servito i Convegni della Pace, il Convegno dei Sindaci e, specialmente, i Colloqui Mediterranei che hanno visto adunati a Firenze tutti i popoli del Mediterraneo e dell’Africa Nera.

4 Età di strutturazione «socializzata» del sistema economico per proporzionarlo ai grandi fini dello sradicamento della disoccupazione, della miseria, dell’ignoranza etc. Le esperienze economiche e sociali fiorentine (la drammatica esperienza della Pignone ebbe echi in tutto il mondo: fu lievito di rinnovamento economico in tante parti d’Italia, d’Europa e del mondo) hanno mirato a questa strutturazione ed a questi grandi fini di elevazione economica sociale, culturale e politica del popolo di Firenze e non solo di esso.

5 Età dell’unificazione economica, sociale e politica del mondo: è stata, questa, la idea madre che ha animato tutta l’azione fiorentina di questi dieci anni: il mondo è ormai una casa comune della comune unica famiglia delle nazioni!

6 Età della «unificazione» della cristianità: Firenze, memore del grande Concilio fiorentino concluso in S. Maria del Fiore nel 1439, ha rimirato in questi ultimi dieci anni verso questo grande obbiettivo storico, religioso e civile della unificazione della Cristianità: i Convegni per la pace e la civiltà cristiana hanno esplicitamente, sin dal 1952, avuto di mira questa speranza tanto grande e tanto preziosa del mondo di domani. Anche i viaggi del Sindaco di Firenze (a Gerusalemme, al Cairo, ad Alessandria, a Costantinopoli, a Mosca, a Kiev) hanno mirato a questo.

7 Età di decadenza di ogni altra «ideologia» e di inserzione della Chiesa del Dio vivente – Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe – nel nuovo solidale, articolato, corpo delle nazioni. La «formula politica» che caratterizza la nuova amministrazione fiorentina, – una formula che trova echi tanto felici ed efficaci in tante parti del mondo (specie nei paesi nuovi dell’Africa e dell’Asia) e che potrà avere influenze imprevedute anche nelle altre parti del mondo e nello stesso spazio dei paesi a struttura socialista – esprime mirabilmente, in certo senso, l’invecchiamento di tutte le ideologie e l’inserzione della Chiesa del Dio vivente nel nuovo corpo delle nazioni e, perciò, nella società e nella civiltà del mondo di domani: cioè: una società ed una civiltà costruite con strutture socializzate attorno all’asse dei valori storici e religiosi! Una formula con la quale vengono ritratti, in certo modo, i lineamenti essenziali della storia nuova e della nuova grande civiltà cristiana ed umana! Firenze cerca, perciò, di avere l’età della sua epoca: ne ha intuito in questi anni le direzioni fondamentali: ha cercato e cerca – vivamente pregando ed arditamente operando – di adeguarsi storicamente ad esse.

L’Enciclica Mater et Magistra non la trova impreparata per accogliere il grande invito di Giovanni XXIII: – «cooperare per l’edificazione di una “città nuova” attorno all’ “antica fontana” della grazia e della verità!».

Giorgio La Pira

Firenze, festività del Cuore Immacolato di Maria (22 agosto 1961)

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