(Lettera non datata: 1936?)
[…] anche per noi verrà l’ora in cui ogni fatica sarà finita e sarà per sempre aperta la porta del Paradiso! Il sabato senza vesperi, il giorno senza tramonti; quale gioia e quale soave mestizia insieme: perché fino a quando questo giorno non è arrivato c’è nel cuore una vena di santa amarezza, un senso soavissimo di pianto il quale ci avverte che ancora la Patria non è raggiunta e che bisogna camminare e lavorare ancora!
Ma per noi camminare e lavorare per Gesù è grande festa, non è vero? Cosa importa se ci saranno richiesti altri sacrifici: tutta la nostra vita è un unico e perenne sacrificio, e le lagrime stesse hanno per noi un sapore che preannunzia i gusti e le gioie del secolo futuro!
[…] Corriamo dunque, veloci verso il Cielo: scoviamo nel cuore tutte le energie che possiamo e mettiamo queste energie a servizio dell’amore; l’amore è ardente, è deciso, è gioioso, è generoso; l’amore può ogni cosa, è audace; esso tende irresistibilmente a quell’ultimo amplesso che fa della creatura e del creatore una sola ed inscindibile unità!
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