Buona parte del Terzo Colloquio Mediterraneo (del 1961) e del Quarto Colloquio Mediterraneo (1964) furono dedicate al problema della decolonizzazione dell’Africa ; una attenzione tutta particolare fu dedicata da La Pira al problema algerino: i colloqui di Evian che misero fine alla guerra di Algeria nacquero effettivamente a Firenze, come da Firenze presero le mosse gli accordi di “sviluppo solidale” con il Marocco.
Più in generale il problema dello sviluppo, dell’autodeterminazione, delle relazioni del mondo sviluppato con i popoli dell’America Latina, dell’Asia e dell’Africa sono naturalmente al centro del pensiero e dell’azione di La Pira, in quanto “[…] la storia è intrinsecamente mossa ed orientata -malgrado tutte le resistenze del peccato – verso l’unità, la pace e la liberazione dei popoli di tutta la terra“.
Il “sentiero di Isaia” passa dunque dalla trasformazione delle armi in aratri, cioè da spese per la distruzione a spese per lo sviluppo: […] gli uomini e i popoli sono uguali, la terra appartiene a tutti: è, in certo senso, una res communis omnium. […] dalla guerra alla pace e dalla ingiustizia alla giustizia: è questa inversione di rotta l’inevitabile contrassegno di questa “età utopica” della storia: il nuovo nome della pace è progresso (Discorso di Dakar).
E ancora: […] Questa età storica presente è specificata non solo dall’impossibilità della guerra e dall’inevitabilità del negoziato […] ma altresì dalla liberazione dei popoli dell’America Latina, dell’Africa e dell’Asia! Questi popoli nuovi […] emergono rapidamente nella storia e diventano i protagonisti essenziali della storia nuova del mondo (Discorso per Mons. H. Camara).
La ricerca della pace, la distensione tra le superpotenze non come mantenimento del “disordine costituito” ma come impulso a […] una nuova metodologia di liberazione […] conforme alla situazione atomica, spaziale e demografica, tecnica e scientifica della storia nuova del mondo […](ivi).
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