Madre Reverenda,
l’ultimo giorno del 1960 l’abbiamo finito salendo insieme sul « Monte Sion» (Apoc. 14, 1 ss.; Is. 2, 1 ss.). E da questo altopiano di Dio, adorando, abbiamo insieme contemplato la vasta distesa dei secoli e dei popoli!
Levate oculos vestros et videte (Gv. 4, 35). Levate capita vestra (Lc. 21, 27). Questo invito a salire sul «Monte Sion» per adorare, per essere in comunione con l’adorazione di tutta la città celeste è un motivo così presente nella Sacra Scrittura: venite, ascendamus ad montem Domini (Is. 2, 1 ss.)!
La Gerusalemme celeste è « sopra un monte altissimo» (fundamenta eius in montibus sanctis: Sal. 86; Apoc. 21, 10; Is. 2, 1 ss.): il monte unde veniet auxilium mihi (Sal. 120, 1): il monte verso il quale bisogna salire se si vuole veramente trovare il Signore! l’unione consumata con Dio, la pace totale dell’anima a Dio pienamente unita, il silenzio perfetto, il raccoglimento interiore senza incrinature, lo sposalizio dell’anima con Dio, si raggiungono soltanto qui!
Quando i grandi dottori mistici (san Giovanni della Croce; santa Teresa; san Bonaventura ecc.) parlano della graduale «salita del Monte Carmelo »; della ascesa graduale verso le « stanze » ultime del «castello interiore »; dell’« itinerario della mente in Dio» non pensano -è chiaroche a questo «Monte Sion », al quale san Giovanni Evangelista fu, in estasi, elevato (si ricordi l’analoga estasi di san Paolo, rapito al terzo cielo) e sulla cima del quale è collocata, per così dire, l’attrazione eterna e la vocazione eterna di ogni anima e di ogni popolo della terra! Dunque -sia pure col desiderio!- siamo saliti insieme l’ultimo giorno dell’anno 1960 sul «Monte Sion ».
Per adorare? Certo: anzitutto e soprattutto per adorare; poi anche per « vedere» il grande itinerario della storia della Chiea e delle nazioni: un cammino che comincia -in certo modo- con la vocazione di Abramo; che si svolge, attraverso la storia li Israele, sino alla incarnazione del Verbo (il concepimento immacolato di Maria, l’Annunciazione, la nascita di Cristo) e fino alla crocifissione ed alla morte ed alla resurrezione ed ascensione di Cristo; e che riprende, con nuova lena, il suo svolgersi, attraverso i secoli ed i popoli, con la discesa dello Spirito Santo e con la fondazione della Chiesa a Gerusalemme, a Roma e a partire da Gerusalemme (Atti 1, 8) e da Roma (Atti 23, 11) nel mondo intiero!
Orbene: -quali sono le tappe essenziali di questo viaggio della Chiesa nella storia di domani? Nei secoli che verranno? Quali prospettive di speranza -nonostante le nuvole che sempre accompagnano le giornate dell’uomo e della storia- stanno davanti a noi?
Cosa dobbiamo dire di questo nostro tempo che è preparazione del tempo futuro?
Ecco, Madre Reverenda, le domande che tanto ci stanno a cuore! E si capisce: noi siamo imbarcati: siamo nello stato d’animo in cui si trova un capitano -e la ciurma!- che deve guidare la sua nave sopra un mare sempre « mosso» da tanti venti, ora favorevoli e più spesso contrari: ed è, quindi, tanto legittima e doverosa la domanda: -che tempo farà, domani (Mt. 16, 2)? Non è una curiosità vana: è un dovere preciso del proprio stato di « capitani» di una nave cristiana!
Dunque: -quale è l’itinerario della storia (della Chiesa e delle nazioni) di domani? Quali le tappe essenziali? Cosa si « vede» contemplando dall’alto del «Monte Sion» la distesa dei secoli e dei popoli?
Madre Reverenda, san Paolo ci viene qui in soccorso: la sua luminosa teologia della storia, tutta centrata su Cristo, ci mostra alcuni punti essenziali nel movimento generale della storia di Dio nel mondo e, perciò, nella storia di Israele e nella storia della Chiesa e delle nazioni.
Quali?
Ecco, vi sono, diciamo così, tre tappe essenziali nel movimento generale della storia del mondo:
1. la prima è costituita dalla «pienezza dei tempi» (plenitudo temporis: GaI. 4, 4); 2. la seconda è costituita dalla «pienezza delle nazioni» (plenitudo gentium: Rom. 11, 25); 3. la terza è costituita dalla «pienezza degli ebrei» (plenitudo Hebraeorum: Rom. 11, 12).
1. La prima tappa -la fondamentale- è avvenuta con l’Incarnazione: la pienezza dei tempi eccola, diciamo così, resa visibile a Betlemme, con la nascita di Cristo e con l’annunzio gaudioso degli Angeli: -gaudium magnum nuntio vobis: natus est hodie Salvator Mundi (Lc. 2, 11).
La storia intiera è preparata per accogliere il Signore: Augusto ha ridotto in pace il mondo delle nazioni ed ha «censito» col suo primo censimento (Lc. 2, 1), fra i sudditi del suo impero, Cristo medesimo.
2. La seconda tappa costituisce, diciamo così, la direttrice di marcia che, a partire da Pentecoste, seguirà la storia della Chiesa e seguirà la storia dei popoli: l’una e l’altra storia, cioè (due storie compenetrate l’una con l’altra, come il lievito è compenetrato con la massa: Mt. 13, 33), procedono verso un punto preciso: l’ingresso di tutte le nazioni nella Chiesa; l’avanzata missionaria della Chiesa verso tutte le nazioni (plenitudo gentium: Rom. 11, 25; Mt. 28, 19). Ecco un punto sicuro del movimento storico convergente della Chiesa e dei popoli: la storia si muove verso questo fatto preciso: cioè verso l’ingresso di tutti i popoli nella Chiesa di Cristo (Mt. 28, 19). Ma perché questo fatto storico avvenga è necessario che sia prima formato il corpo (fisico, diciamo così) delle nazioni: bisogna che i popoli di tutta la terra siano ridotti, in qualche modo, ad unità! Bisogna che avvenga qualcosa di analogo a quello che avvenne al tempo di Augusto e di Virgilio: bisogna che «i tempi storici» nostri (politici, economici, sociali, culturali, ecc.) abbiano qualche somiglianza ed analogia con la «pienezza dei tempi» (coi tempi storici, cioè, di Augusto e di Virgilio).
Ed allora eccoci alla domanda: -se considero il mio tempo, se considero i tempi prossimi che stanno davanti a me, posso dire che si va verso un’epoca che ha analogia profonda con l’epoca « dei tempi storici» (pienezza dei tempi) di Augusto e di Virgilio? Che si va sempre più, cioè, verso la costituzione di un unico corpo delle nazioni costituito, malgrado tutto, in pace ed in progresso?
Pio XII diede una risposta precisa a questa grande domanda! Anche noi abbiamo cercato di chiarire ciò nelle circolari precedenti.
Si: si va verso una nuova, in certo senso, pienezza dei tempi; verso tempi storici nuovi, analoghi a quelli del tempo di Augusto e di Virgilio; e perché? Perché questa nuova, in certo senso, pienezza dei tempi prepara, in certo modo, quel nuovo particolare avvento che san Paolo chiama «la pienezza delle nazioni e degli ebrei» (plenitudo gentium e plenitudo judaeorum); prepara «fisicamente», per così dire, quel corpo totale delle nazioni nel quale deve essere deposto, perché tutto lo fermenti e lo animi, il lievito cristiano della grazia e della verità (… plenum gratiae et veritatis: Gv. 1, 14).
Ecco, quindi, individuata in modo molto preciso la tappa verso cui cammina il tempo presente ed il tempo futuro: ecco il perché ultimo di questo spettacolare, impreveduto ed irresistibile processo di unificazione del mondo: Cristo che lo guida (… e sarò con voi tutti i giorni sino alla consumazione dei secoli: Mt. 28, 20) e lo Spirito Santo che lo provoca e lo alimenta non mirano ad altro: all’ingresso di tutte le nazioni nel mistero cristiano della grazia e della salvezza: cioè, alla plenitudo gentium!
Quale vessillo di speranza teologale (insieme divina ed umana, celeste e terrestre, temporale ed eterna) non è dunque elevato sulla cima dei nostri tempi! levate signum (Is. 49, 22); …in signum populorum!
E come, dunque, malgrado tutto, devono i cristiani essere profondamente ottimisti: la storia presente mostra tutti i segni precorritori di quella plenitudo gentium alla realizzazione della quale lavorano -volenti o no, consapevoli o no- tutti i popoli della terra!
Come? Quando? Si può rispondere col Signore: il Padre solo conosce tempora vel momenta (Atti 1, 7): ma una cosa è certa: si va in modo quasi manifesto e con ritmo accelerato verso questa nuova, in certo senso, pienezza dei tempi (cfr. Daniélou, Le mystère du salut des nations).
3. E veniamo alla plenitudo judaeorum.
Madre Reverenda, Lei sa bene di che si tratta: su questo tema, tanto essenziale per la Chiesa e per le nazioni, siamo tornati più volte (in quasi tutte le circolari di questi ultimi anni). Dunque: una cosa è certa, di fede: Israele riconoscerà Cristo e lo amerà e lo servirà con tanto più amore e dedizione quanto doloroso ed amaro ne era stato il rigetto nel corso dei secoli! Ecco una “speranza certa”: una gioiosa «sostanza di cose sperate» come Dante (Par. XXIV; 63) direbbe!
Ma per «convertirsi» a Cristo, Israele deve essere un popolo che dura nei millenni, che, malgrado la dispersione, torna ad essere stabilito nella sua terra, nelle sue città di Giuda, nella sua città di GerusalemIne!
Durare nei millenni, nonostante ogni mutamento di popoli e di civiltà; esistere nonostante le persecuzioni ed i massacri (l’ultimo, terrificante e quasi radicale, quello nazista!); ritornare, malgrado tutto e contro ogni apparente giustizia, nella sua terra e nelle sue città e nella sua Gerusalemme; proporsi lì, quasi necessariamente -in questa terra misteriosa dei patriarchi, dei profeti, dei re, di Maria, del Battista, di Cristo, degli apostoli, proposto quasi dalle pietre stesse- il problema del Signore: che ve ne pare del Messia? (Mt. 22, 41) «Chi dicono che io sia?» (Mt. 16, 13).
Madre Reverenda, io resto sempre «stordito », come si dice, quando rifletto pensosamente sopra il mistero storico più evidente di oggi: il ritorno di Israele in Palestina. È un «segno dei tempi» di tale gigantesca grandezza da lasciare davvero storditi tutti coloro che cercano di scrutarne il valore! Cosa significa nel piano di Dio? Nel piano, cioè, di quella nuova pienezza dei tempi verso cui è in marcia la storia della Chiesa e delle nazioni e che è caratterizzata (come san Paolo dice) dalla duplice «pienezza» delle nazioni e degli ebrei?
Non è, dunque, un effetto prodromico, anticipato, preparatorio, di questa «pienezza», a partire dalla quale acquista chiaro significato il periodo di fioritura storica cristiana dei «mille anni» (Apoc. 20, 3) di cui parla san Giovanni? (Su tutto ciò si veda la vasta e suggestiva introduzione di P. Feret o.p. all’ Apocalisse, Parigi 1946, pp. 312 ss).
Madre Reverenda, tocchiamo davvero le sponde del mistero della storia, scaviamo, cioè, nel tessuto profondo, invisibile ma determinante, del movimento totale della Chiesa e dei popoli (cfr Daniélou, Essai sur le mystère de l’histoire).
Certo è questo: Israele è tornato, in modo assolutamente impreveduto, «miracoloso », in Palestina: questo è un fatto; e questo fatto dà improvvisamente alle «speranze» di san Paolo un risalto che nessuno, fino a ieri (fino a 10 anni or sono) avrebbe potuto, neanche lontanamente, prevedere!
Plenitudo judaeorum: questa frase che fino a ieri era necessariamente scolorita, vaga, quasi astratta, eccola diventata piena di concretezza, visibile, diventata l’aspetto fisico di un fatto che attende ora la lievitazione interiore, misteriosa, creatrice, vivificatrice, della grazia di Cristo!
Il corpo, eccolo: ora, gradualmente, fermenta il lievito dell’amore e della luce: « …non mi vedrete sino a quando non direte: -benedetto Colui che viene nel nome del Signore » (Lc. 13, 35).
L’attenzione del Cristo si volge con amore da questa parte: e pare risentire le note del cantico di Maria: suscepit Israel puerum suum, recordatus misericordiae suae; sicut locutus est ad patres nostros Abraham et semini eius in saecula (Lc. 1, 54-55).
Ma c’è dell’altro, Madre Reverenda: c’è -in misteriosa, organica connessione col mistero di Israele- il mistero di Ismaele (cioè dell’Islam e, quindi, dell’intiero mondo arabo in tanta grande parte musulmano).
Mi dica, Madre Reverenda: dieci anni fa dove era la «vitalità» di questo mondo arabo? Non esisteva, quasi. Ebbene: torna Israele, drammaticamente, in Palestina: ed ecco, drammaticamente, imprevedutamente, in pieno risveglio tutto il mondo arabo, l’Islam intiero!
I due «risvegli» (Israele ed Ismaele) ne fanno uno solo: si condizionano vicendevolmente!
Come mai? Perché questi fatti storici, che nessuna avvedutezza di uomini politici e nessuna forza politica e militare e sociale delle nazioni riesce né ad impedire né a contenere? Come mai? Perché? Solo il mistero della plenitudo judaeorum (la cui ampiezza abbraccia, nel piano di Dio, non solo Israele, ma anche Ismaele: Gen. 17, 17-19) può dare una risposta a queste domande che sfuggono all’analisi puramente razionale della storia! Come mai? Perché? Perché la misteriosa ma effettiva attrazione verso Cristo appartiene solidalmente ad Israele e ad Ismaele: ambedue sono attratti verso la Casa del Padre che dalla terrazza amorosamente li vede venire e li aspetta (Lc. 15, 20).
Sotto le apparenze -drammatiche! -del litigio odierno, c’è (per quanto strano ciò possa apparire) la realtà profonda di una comune fraterna vocazione religiosa, storica e civile!
Non si dimentichi, Madre Reverenda, il mistero delle apparizioni mariane di Fatima (il nome della figlia prediletta di Maometto) e le pagine delicatissime che il Corano dedica a Maria, la Madre Vergine del Verbo di Dio (come il Corano testualmente dice).
Non solo: ma questo mistero della plenitudo judaeorum -visto nella sua ampiezza totale che include anche il mistero di Ismaele -ci dà anche ragione, in qualche modo, della straordinaria fermentazione storica di un continente intiero (l’Africa sia bianca che nera).
Chi -Madre Reverenda- avrebbe potuto prevedere qualche anno fa la genesi così vitale e rapida di tanti popoli e di tanti stati dell’Africa nera (e bianca)? Una genesi che ha davvero mutato la struttura storica e politica dell’Europa, del Mediterraneo e del mondo! Ebbene: un’analisi politica attenta non può non trovare un nesso profondo di causalità fra il ritorno di Israele, il risveglio di Ismaele e la genesi storica e politica dell’intiero continente africano!
E l’Asia (l’India, la Cina ecc.)? Ma qui il discorso diventa più complesso: però una cosa risulta sempre più evidente: i due misteri paolini della «pienezza delle nazioni» e della «pienezza degli ebrei» possiedono fra di loro un nesso che li fa reciprocamente l’uno dall’altro dipendente: si muovono, nel fondo della storia, l’uno verso l’altro e, insieme, finalizzano il movimento totale della storia della Chiesa e dei popoli.
Essi, comunque, sono «il cannocchiale» preziosissimo ed insostituibile, col quale si scopre il «movimento» dei «soli» (delle nazioni!) nel cielo della storia!
Dove va la storia della Chiesa e quella dei popoli? Dove va? Madre Reverenda, ormai possiamo rispondere con chiarezza e con precisione di termini: -va (malgrado tutto e nonostante tutto) verso la nuova pienezza dei tempi; verso la «pienezza delle nazioni e la pienezza degli ebrei» (come san Paolo dice): va, cioè, verso tempi storici analoghi ai tempi storici di Augusto e di Virgilio: verso tempi, cioè, in cui il corpo delle nazioni sarà organicamente composto in unità ed in pace e costituirà, così, la premessa storica e la condizione storica adeguata per la lievitazione cristiana di tutti i popoli, di tutte le nazioni e di tutte le civiltà della terra: «… vissero e regnarono con Cristo per mille anni» (Apoc. 20, 4).
Che tempo farà domani? Bel tempo, Madre Reverenda: bel tempo, malgrado tutto e nonostante tutto: malgrado tempeste locali e ondate superficiali qua e là furiose, il fondo dell’oceano è ormai pacificato: Cristo lo domina; la nostra nave può riprendere coraggiosamente il suo cammino: la speranza teologale (che è insieme divina ed umana, celeste e terrestre, temporale ed eterna) è la bandiera che si alza sulla poppa delle nostra nave e che viene elevata al cospetto dei popoli, come segno di grazia, di pace e di vittoria: Haec est victoria quae vicit mundum, fides vestra (1 Gv. 5, 4).
Ecco, Madre Reverenda, la meditazione con cui -saliti sul «Monte Sion» -apriamo l’anno nuovo. Meditazioni analoghe hanno chiuso l’anno trascorso. Dobbiamo davvero ringraziare dal profondo del cuore il Signore per tanta luce che ci dona e per tanta speranza e per tanta forza che ci infonde: non dobbiamo più avere timori: lanciare, nel Suo nome (oggi è la festa del Nome di Gesù!) le reti in mare: e nel Suo nome condurre in alto la barca (… duc in altum) verso una avventura storica ed apostolica nuova!
Madre Reverenda, restiamo gli uni agli altri vivamente uniti, in una orazione incessante ed in una adorazione incessante: imbarcati nella stessa barca pregando e remando, il vento dello Spirito Santo non mancherà di soffiare felicemente sulle nostre vele e di avviare cosi la nostra nave, malgrado ogni resistenza, verso i lidi della grazia e della pace!
Suo in X.to
La Pira
Festa del Nome di Gesù 1961 (2 gennaio).
P.S. Con estrema probabilità la elezione del sindaco di Firenze avverrà nell’ottava della Epifania (il 13 gennaio) tra le ore 20 e le 24.