L’ultima lettera di invito del 3 ottobre, relativamente a questa sessione polacca dell’Unesco si chiude significativamente indicando come fine ultimo della storia intera del mondo e come termine ultimo del suo cammino (teleologia della storia!) il “sogno secolare” di milioni di uomini semplici e di filosofi, il “sogno” della pace universale!
Ma come realizzarlo? Riflettendo su questo problema fondamentale della storia presente del mondo – anzi, continuando la riflessione che da un ventennio, anche operativamente, ci impegna ogni giorno, in certo senso, a Firenze – tre fondamentali questioni sono riemerse con maggiore chiarezza e con maggiore urgenza ed attualità nella mia mente, ora che ad Helsinki si è tenuta la prima sessione della Conferenza sulla Sicurezza e Cooperazione Europea (CSCE):
1) La prima concerne l’insuperabile ed urgente necessità di “fare il punto” della navigazione storica: cioè, in quale punto si trova, nell’oceano della storia, in questa età nucleare e spaziale, la nave in cui è solidalmente ed irrimediabilmente imbarcato l’intero genere umano?
L’indicazione esatta di questo punto è di importanza immensa, perché essa – per via delle decisioni politiche, militari, economiche, culturali, sociologiche, spirituali ecc. che essa condiziona e suscita – è determinante per il corso intero della storia presente e futura del mondo!
L’indicazione esatta di questo punto costituisce come la bussola, come la stella polare, come il punto omega orientatori dell’intera navigazione storica!
“Dove si trova” perciò la storia del mondo? E verso quale porto, perciò, deve essere orientata – se non vuole affondare e se la storia perciò non vuole fare tragico fallimento! – la prua della nave del mondo?
2) Eccoci, così, alla seconda fondamentale questione -organicamente connessa alla prima- della storia presente e futura del mondo: la storia (cioè nel suo inscindibile insieme, nella sua infrangibile unità e solidarietà dei movimenti che la costituiscono) ha un fine? C’è una orientazione di fondo, un punto omega che finalizza irreversibilmente la storia del mondo?
C’è, cioè, una “teleologia della storia”? C’è perciò una “storiografia del profondo” che bisogna conoscere – analogamente alla “psicologia del profondo” – per conoscere davvero la storia e per orientarne efficacemente il corso ed il cammino?
La fondamentale attualità ed urgenza di questa questione appare ogni giorno più evidente. Essa è connessa con la necessità sempre più crescente ed urgente di costruire un mondo nuovo, una storia nuova, un “nuovo integrale ordine di secoli”.
Magnus ab integro saeculorum nascitur ordo, come “profeticamente” dice Virgilio considerando – nel quadro del “destino di Roma” – il corso augusteo della storia e l’Ara Pacis e le Res Gestae di Augusto (unitive del mondo) che lo definiscono!
In questa età nucleare e spaziale, il disarmo del mondo – con l’unità, a tutti i livelli, il negoziato e la pace e la giustizia del mondo – sono o no il senso stesso, profondo, sempre più inevitabile della storia?
3) Ed eccoci così alla terza fondamentale questione, riferita all’atto più determinante, in certo senso, della storia odierna e futura dell’Europa e del mondo. La Conferenza di Helsinki rappresenta o no il modello sul quale si andrà sempre più inevitabilmente costruendo la struttura nuova, unitaria (disarmata, pacificata, libera, “giusta”!) del mondo?
I dieci principi che sono come premesse architettoniche di questa struttura, di questo modello, ci permettono di intravedere in prospettiva – trascritta nella storia concreta del mondo – questa unità solidale, pacificata, fraterna, dei popoli?
Totus mundus est quasi una res publica diceva Francisco de Victoria, fondando il Diritto Internazionale dopo la scoperta dell’ America. E già Dante, nel De Monarchia, aveva fatto dell’unità del mondo il fine irreversibile ed irrecusabile della storia del mondo.
Orbene, la Conferenza di Helsinki con la struttura unitaria dell’Europa che essa, nonostante tutto, ha creato, è o no l’inizio ed il modello della storia nuova del mondo?
La domanda investe davvero tutta la problematica della “storiografia del profondo” e della teleologia della storia. E questa profondità del moto storico iniziata ad Helsinki si rivela appena si riflette sul fatto che fra i protagonisti essenziali e costitutivi della Conferenza di Helsinki e della struttura unitaria del mondo da essa disegnata, ed in prospettiva, costituita c’è oltre che l’America e la Russia (le due superpotenze!) anche “Pietro” (Paolo VI) e la Chiesa Cattolica che, sotto un certo aspetto, costituisce il vertice spirituale unitivo delle Chiese e dei popoli del mondo intero!
Questa Conferenza di Helsinki va vista altresì nel contesto delle idee centrali, direttrici, che sulla storia presente e futura del mondo, hanno indicato ed ogni giorno più chiaramente indicano le massime guide politiche che l’hanno disegnata ed attuata.
Per il Presidente degli Stati Uniti, Ford, è assiomatico ormai – dottrinalmente e operativamente – il principio che al negoziato globale non c’è alternativa e che i conflitti – per vasti e profondi che siano – non hanno, fuori del negoziato, alternativa alcuna di risoluzione. Sotto questo profilo, oltre alla stessa Conferenza di Helsinki, si possono osservare: l’accordo – quasi miracoloso! – fra Egitto e Israele sul Sinai e sul Canale di Suez e la fine della guerra vietnamita. Ecco altrettante chiare e vaste prove dell’ applicazione di questo assioma storico e politico che definisce qualitativamente questa epoca nuova – nucleare e spaziale! – della storia del mondo!
E per quanto riguarda Breznev, cioè l’Unione Sovietica? Che l’esito positivo della Conferenza di Helsinki sia, in certo senso, dovuto fondamentalmente a lui (a lui ed all’azione convergente, oltre che di Ford, della Santa Sede, di Paolo VI, di Mons. Casaroli) è cosa risaputa. Essa è, in certa misura, il frutto di quel significativo principio “dell’ottimismo storico” che fu enunciato a Mosca il 26 ottobre 1973 al grande Convegno mondiale delle forze di pace da Breznev. Domandandosi su cosa si fonda questo “ottimismo storico” egli individua fra le altre ragioni che lo giustificano:
a) la consapevolezza che hanno ormai tutti gli Stati della inevitabile coesistenza pacifica e dell’inammissibilità della guerra come mezzo per risolvere i problemi internazionali;
b) “E infine il nostro ottimismo è – ha detto – legato all’attività di tutti quelli che agiscono in favore della pace… e all’azione comune di comunisti, di socialisti, di socialdemocratici, di cristiani”.
Helsinki è la prova apodittica, in certo senso, di quella teleologia storica che indica nell’unità, nel negoziato, nella giustizia, nella libertà e nella pace, l’irreversibile corso – tanto evidente nell’ epoca nucleare – della storia presente e futura del mondo!
Essa davvero ha iniziato, nonostante tutto – con la Conferenza di Helsinki – , la nuova serie dei secoli, magnus ab integro saeculorum nascitur ordo.
Ma a questo punto sorge inevitabilmente la domanda: e la Cina? Ma questo grande problema “sta a sé”; è qualitativamente diverso da quelli che investono solidalmente la storia di tutti gli altri Stati, di tutte le altre nazioni. La “logica storica e politica” comune non è qui applicabile!
Il discorso è qui estremamente complesso. Tuttavia non può non restare salda, infrangibile, la premessa nucleare del nuovo sillogismo storico e politico: nell’età nucleare (con un milione di megatoni!) la guerra è impossibile, il negoziato, la pace, il disarmo e l’unità dei popoli sono inevitabili!
Del resto, Ciu En Lai stesso espresse esplicitamente in un discorso fatto a Nixon nel 1972, a Pekino (dopo aver detto che quella settimana dell’incontro Stati Uniti – Cina era “la settimana che cambiava il mondo”) questo grande principio (davvero biblico!) di storiografia cinese: “la storia, nonostante i suoi flussi e riflussi, va indubitatamente ed irreversibilmente non verso le tenebre, ma verso la luce”, quindi verso l’unità, il disarmo e la pace.
Non solo. Ciu En Lai fu – con Nehru! – “l’inventore” dei 5 principi della “coesistenza pacifica” in base ai quali venne risolto nel 1953 il conflitto indo-cinese, in base ai quali venne convocata e felicemente conclusa la Conferenza di Bandung (gli Stati del terzo mondo) ed alla luce dei quali vennero felicemente convocati a Santa Croce ed a Palazzo Vecchio – a Firenze (venti anni fa, S. Francesco 4 ottobre 1955) – i Sindaci delle città capitali di tutti gli Stati, di tutti i continenti (Europa, America, Asia, Oceania, Africa).
La guerra è impossibile, il negoziato globale e la pace inevitabili! A questo principio assiomatico, storico e politico che governa, come una legge astronomica, il firmamento dei popoli e degli Stati, delle città e delle nazioni, non si sottrae nessun Stato, nessun popolo, nessuna nazione.
La conseguenza fondamentale – storica, militare, politica – di questo ingresso nell’età nucleare (la bomba di Hiroshima era di 0,015 megatoni! Il potenziale nucleare odierno è incommensurabile, pare che oltrepassi il milione di megatoni!) è – salvo la distruzione della terra e del cosmo (può essere “intaccata” la stessa legge di gravità!) – l’impossibilità della guerra e l’ inevitabilità del negoziato e della pace: guerra impossibile, pace inevitabile!
La premessa maggiore del sillogismo politico – che reggeva la storia e la politica per eliminare i conflitti fra Stati mediante il ricorso alla guerra – è ormai crollata ed è crollato, perciò, il “sillogismo” che su di essa si fondava. C’è ormai un nuovo principio assiomatico che regge inevitabilmente tutti i conflitti fra gli Stati e le nazioni: è quello che le guide politiche massime del nostro tempo (Breznev, Ford) hanno ripetutamente espresso: “al negoziato globale non c’è alternativa”! E, perciò, l’inevitabilità “della convergenza” dei sistemi politici, economici, sociali diversi e degli Stati che li rappresentano!
La polemologia di Clausevitz è finita! Da ciò l’inevitabilità del disarmo e, perciò, del mutamento delle armi in piani economici (armi mutate in aratri, come dice Isaia!). Perciò, l’inevitabilità, ormai, dell’unità a tutti i livelli, degli Stati, delle nazioni e dei popoli di tutto il mondo!
La storia, entrando nell’età nucleare, ha mutato qualitativamente e sostanzialmente il suo volto.È, rispetto a tutto il suo corso plurimillenario anteriore, “un’altra cosa” è davvero “res nova”, è un “novus ordo”. È cominciata, infatti, con questo ingresso nucleare, una serie nuova di secoli!
Ma se è vero, come è “scientificamente” vero, che con l’ingresso nell’età nucleare il “limite apocalittico” della storia è stato raggiunto, che perciò è inevitabile ormai – se non si vuole la distruzione apocalittica della terra e del cosmo – sradicare la guerra dalla faccia della terra ed attuare, col disarmo, l’unità, la pace e la giustizia fra i popoli di tutta la terra, allora la “lettura profetica” della storia diventa l’unica ermeneutica atta – scientificamente! – ad indicare quale è il fine ed il corso irreversibile della storia del mondo!
L’età nucleare fa inevitabilmente “riemergere” il metro profetico, la ermeneutica profetica, la lettura profetica; la teleologia e teologia profetica, della storia: i grandi profeti di Israele – primo fra tutti Isaia! – sono, infatti, i soli a possedere le chiavi che aprono le porte della storia, ne possiedono l’unico metodo ermeneutico e ne vedono l’irreversibile corso. Per sapere, quindi, cosa è e dove irreversibilmente conduce e verso dove irreversibilmente orienta l’età nucleare, il ricorso ad Isaia è “scientificamente” inevitabile!
Fu quello che io dissi il 4 ottobre 1963 alla Tavola Rotonda Est Ovest di Mosca sul disarmo (Conferenza voluta da Krusciov e fu presieduta da Mikojan e da Ehrenburg) parlando del “primo patto nucleare” del 5 agosto 1963 ed indicando col nome “cammino di Isaia” il metodo nuovo e strada nuova della “pace profetica” (appunto di Isaia) che con quel trattato veniva aperto – e per sempre – alla storia nuova, inedita del mondo!
Non era la prima volta che questo metodo nuovo, della “ermeneutica profetica” della storia (unico possibile, nell’età nucleare!) veniva indicato. Esso, infatti – ed il profeta Isaia al quale fondatamente essa si ispirava – aveva guidato l’intera riflessione ed azione di pace che dal 1951 Firenze aveva organicamente e sempre più profondamente e estensivamente svolto per l’unità, il disarmo e la pace nel mondo intero: Convegni per la pace e civiltà cristiana (1952, 1953, 1954, 1955, 1956); Convegno dei Sindaci delle città capitali (1955); Colloquio mediterraneo (1958); “Viaggio di pace” a Mosca (1959), Kiev, Leningrado e nei paesi dell’Ovest e dell’Est (Fez, Rabat, Cairo, Alessandria, Damasco, Beirut, Washington, New York, Filadelfia, Varsavia, Budapest, Sofia, Dakar, Pekino, Hanoi); e progetto per la pace del Viet Nam col Simposio del Belvedere (aprile 1965) e viaggio (con la mediazione di Varsavia attraverso Mosca) per Hanoi; incontro con Ho Chi Minh.
Questa “azione di Firenze” per l’unità, il disarmo, la giustizia, la libertà e la pace del mondo fu sempre svolta sotto la luce e con la certezza della teleologia storica indicata dalla celebre profezia di Isaia: Tutti i popoli affluiranno verso di esso. Andranno popoli numerosi e diranno: andiamo, saliamo al monte del Signore, verso la casa del Dio di Giacobbe: e ci insegnerà le Sue vie e noi cammineremo nei Suoi sentieri… Il Signore giudicherà i popoli e farà da moderatore fra genti numerose. Esse faranno delle loro spade aratri e delle loro lance falci: un popolo non brandirà più la spada contro un altro popolo e non impareranno più l’arte della guerra (Is 2, 3 sgg.).
Guerra impossibile, pace inevitabile: nell’ età nucleare la profezia di Isaia – in certo senso “scientificamente” fondata – emerge sempre più come unico canone interpretativo (teleologico) della storia e come unico, efficace criterio di orientazione dell’azione storica e politica del mondo!
Come concludere? Con le stesse parole di immensa speranza con le quali siamo stati invitati, in questi giorni, a riflettere sui punti fondamentali della storia del mondo.
Nonostante tutto, cioè, la storia svolgerà il suo progetto profetico di salvezza e farà ingresso, proprio in questa età nucleare, nella strada profetica di Isaia. La strada che conduce alla unità del mondo, al disarmo del mondo, alla giustizia, alla libertà ed alla fraternità fra tutti i popoli della terra.
E così il “sogno” secolare che dall’origine dei tempi attrae milioni di uomini semplici e di filosofi – il sogno della pace perpetua – si trascriverà nel tempo e diverrà la storia futura, la primavera futura, del mondo!
Questo sia il messaggio di immensa speranza storica che dopo la Conferenza di Helsinki, ed in cammino con essa, parte da questa sessione dell’Unesco di Varsavia!
Ed è tanto significativo il fatto che questo messaggio di resurrezione e di speranza storica parta da Varsavia, dalla Polonia, cioè dal luogo stesso ove fu piantata nel 1939 la terribile croce della seconda guerra mondiale, del ghetto di Varsavia, dei sei milioni di ebrei bruciati nelle camere di eliminazione di Auschwitz, di tutti i polacchi “eliminati” e da tanti eroi, noti ed ignoti, come fra gli altri il Padre Kolbe!
La guerra mai più, come disse Paolo VI all’ONU il 4 ottobre 1965: si può sintetizzare così questo messaggio di immensa speranza che l’Unesco lancia oggi da Varsavia ai popoli di tutto il mondo!
Varsavia, 20 ottobre 1975