Lasciare l’orto chiuso dell’orazione

(…) Il nostro «piano» di santificazione è sconvolto: noi credevamo che bastassero le mura silenziose dell’orazione! Credevamo che chiusi nella fortezza interiore della preghiera noi potevamo sottrarci ai problemi sconvolgitori del mondo; e invece nossignore; eccoci impegnati con una realtà che ha durezze talvolta invincibili; una realtà che ci fa capire che non è una pia espressione l’invito di Gesù: nel mondo avrete tribolazioni; prendi la tua croce e seguimi. Bisogna lasciare – pur restandovi attaccato col fondo del cuore – l’orto chiuso dell’orazione (…). L’orazione non basta; non basta la vita interiore; bisogna che questa vita si costruisca dei canali esterni destinati a farla circolare nella città dell’uomo. Bisogna trasformarla la società! (…) La «elemosina» non è tutto: è appena l’introduzione al nostro dovere di uomini e di cristiani; le opere anche organizzate della carità non sono ancora tutto: sono un passo avanti notevole nell’adempimento del nostro dovere di uomini e di cristiani; il pieno adempimento del nostro dovere avviene solo quando noi avremo collaborato, direttamente o indirettamente, a dare alla società una struttura giuridica, economica e politica adeguata – quanto è possibile nella realtà umana – al comandamento principale della carità.

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