La Pira e il Concilio

Già nei primi anni cinquanta La Pira, Sindaco di Firenze, fa riferimento al Concilio Ecumenico fiorentino del 1439 chiamato, appunto, dell’Unione. Da questo eccezionale fatto storico La Pira individua pure la vocazione mediatrice di Firenze che, attraverso varie iniziative da lui promosse (Convegni della Pace e Civiltà Cristiana,  Convegno dei Sindaci delle Capitali, Colloqui Mediterranei  etc.) e definite “Concili dei popoli e delle nazioni”, diviene città operatrice di pace.

E’ vero che l’accordo raggiunto in quel Concilio ebbe breve durata ma per La Pira quell’atto di cristiana unità “non è un atto del passato ma un seme ancora non germogliato. Ci vuole pazienza: nessun chicco di grano è perduto nella terra e nella storia di Dio”. Ecco perché La Pira accolse con una gioia immensa l’annunzio di Giovanni XXIII della indizione del Concilio Vaticano II. Ecco perché si adoperò quotidianamente per contribuire al successo di questo grandissimo avvenimento per la Chiesa e per i popoli di tutto il mondo.

Come Sindaco volle che il popolo fiorentino fosse consapevole e cosciente di questo evento e, a questo fine, promosse alcune conferenze con relatori di livello internazionale come Féret, Danielou, Balducci, Congar e scrisse lettere ai cittadini, agli artisti, ai giovani, ai ragazzi, agli operai, ai parroci sul tema “Firenze e il Concilio”. Lo stesso fece con le maggiori guide spirituali e politiche di tutto il mondo. Si capisce allora come La Pira veda nel Vaticano II qualcosa di analogo al primo Concilio, qualcosa di analogo alla stessa Pentecoste e ne sottolinei l’immensa importanza al momento della sua conclusione.

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