Il diritto alla casa

Mentre procedeva il vasto programma di costruzione di alloggi popolari, la città si trovava di fronte all’emergenza degli sfratti e, in generale, della carenza di alloggi. Dopo aver chiesto una graduazione degli sfratti per poter governare l’emergenza, e non aver ottenuto risposta positiva, La Pira si rivolse ai proprietari chiedendo di affittare al Comune un certo numero di abitazioni non utilizzate. In mancanza di una disponibilità in tal senso, ordinò la requisizione degli immobili stessi, basandosi su una legge del 1865 che dà la facoltà al Sindaco di requisire alloggi in presenza di gravi motivi sanitari o di ordine pubblico. È l’amico magistrato Gian Paolo Meucci che lo aiuta a scovare questo appiglio giuridico che è alla base della ordinanza di requisizione. Naturalmente l’iniziativa scatenò polemiche violentissime alle quali La Pira rispose con un appassionato  intervento in Consiglio Comunale.

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Quanto alle denunce che furono sporte in quella occasione (tutte peraltro successivamente archiviate perché giudicate infondate), La Pira così si espresse in una lettera aperta ad Ettore Bernabei, direttore del “Giornale del Mattino”: “Devo lasciarmi impaurire da queste denunce penali che non hanno nessun fondamento giuridico – e tanto meno morale – o devo continuare, e anzi con energia maggiore, a difender come posso la povera gente senza casa e senza lavoro? […] Un sindaco che per paura dei ricchi e dei potenti abbandona i poveri  – sfrattati, licenziati, disoccupati e così via – è come un pastore che, per paura del lupo, abbandona il suo gregge”.
Anche al Papa scrive negli stessi termini.

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