Carissimo Totò,
ho appreso con letizia che hai iniziato lo studio del latino e del greco: di ciò non devi affatto render grazie a me ma al prof. Rampolla e in ispecie al Reverendo che – miracolo cattolico – saprà rischiarare i Doni che Dio t’ha concesso nella sua eterna Bontà e nella dispensazione delle sue grazie che si operarono per strade e su persone sconosciute. Per te il latino in ispecie sarà la via, la ratio della tua chiarezza: perché il latino è la lingua preferita dal Signore e suggellata d’eternità nella tradizione di Roma cattolica.
Iddio ha le sue maniere terrene, e non v’è inizio di discesa per le lingue degli uomini se non per le strade definite nei mezzi fissati in eterno dalla provvidenza. Bada: io penso che il linguaggio sia la via del Signore: basta penetrarlo, basta scendere in esso, ricercarlo alle radici per vedere come da un solo tronco, da una sola inscindibile unità tutto si ramifica e sorge dalla Potenza all’Atto: come la natura ha pochissimi semplici elementi che poi non sono che aspetti d’una semplicissima materia, così la lingua non ha che pochi suoni originari tutti provenienti da una Radice che non si riveli se non a chi vi mediti con fede e ammirazione: così l’albero dalle migliaia di foglie canta a primavera il suo silenzioso stormire, così il linguaggio dalle migliaia di fremiti ripete a Dio in ogni parola il suo grazie eterno: tutte le parole non sono che come le foglie, linfe disposte in maniera varia, ma linfe d’uno stesso corpo, d’una stessa origine, estremamente unite.
Voglio dirti una cosa: ho pensato che tu abbia un Dono sovrano: possieda cioè la favella della Plebe: prima avevo vagato innanzi alle parole cave dei tuoi pezzenti, di quelli che sono come le rondini e hanno a volte calma serafica: ora mi è venuto in mente che la Plebe, la grande plebe, la povera gente, i nobili nel regno dei cieli, ha il linguaggio serafico ed è geometrica, perfetta come il volo delle rondini, come la limosina che si offre da fratello da mendicante a mendicante: solo Gesù conobbe questi tesori che le viuzze strette, quelle ove non passano gli infingimenti della lussuria e i profumi delle alcove, nascondono gelosamente all’occhio non aduso a scernere la pace serafica dall’allegria del bordello: Egli solo, il figliolo, raccolse gli stracci dei mendicanti e ne fece regali mantelli pieni di maestà e di dominio: e parlava con loro le sue parole di saggezza e gli erano compagni gli storpi, i paralitici, quelli che sapevano ubbidire e nella loro obbedienza c’era il comando e la vittoria. Essa, la plebe che dorme per le strade e che si nasconde nel cuore, non conosce la libertà dei borghesi, la civiltà del mondo, il Diritto di partecipazione alla vita politica!!
È ingenua come i fanciulli e si modella secondo il tuo Fanciullo ch’io ho sempre avanti come esempio di Eternità. Modellati anche tu e sii plebe e quando sarai tale che anche su te parlerà il linguaggio canuto dei fanciulli, avrai raggiunto il dono sublime di saper parlare al cuore dell’uomo.
Ti abbraccio
Giorgio